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Il 'serraglio degli ebrei'

 

La Bolla Cum nimis absurdum, emanata da Paolo IV il 12 luglio del 1555, oltre a imporre agli ebrei romani severe limitazioni nell'esercizio delle professioni e nei diritti di proprietà, li obbligò a vivere separati dai cristiani in un'area delimitata da mura e da porte che venivano aperte all'alba e chiuse un'ora dopo il tramonto. La cinta confinaria del 'serraglio degli ebrei' - chiamato in seguito Ghetto sull'esempio di quello veneziano e compreso tra il Tevere, il Portico d'Ottavia e l'attuale piazza di S. Maria del Pianto - fu realizzata in pochi mesi a opera di Silvestro Peruzzi e le spese furono fatte pagare alla stessa comunità ebraica. Fuori del Ghetto gli uomini dovevano portare un segno giallo sul cappello e le donne un velo o uno scialle dello stesso colore. Tali prescrizioni rimasero in vigore per secoli: l'8 dicembre 1797 Abramo Samuele Modigliani, un ebreo di 42 anni, fu arrestato nel quartiere Monti e portato nelle Carceri Nuove perché il segno cucito sul suo cappello «non era della grandezza voluta dai bandi». Aperto durante la Repubblica romana del 1798-99 e durante la dominazione napoleonica di inizio '800, il ghetto fu ripristinato alla restaurazione e ampliato da Leone XII. La popolazione ebraica a Roma ammontava a circa 4.000 persone, come emerge anche da un censimento del 1733.

Guarda: Il recinto del ghetto in un particolare della mappa di Matthaeus Merian (1642; e di Giovanni Battista  Falda (1676); L'ingresso del ghetto a Piazza Giudia in un'incisione di Giuseppe Vasi (1781)

 

Il recinto del ghetto nella pianta di M. Merian (1642)

Ghetto Merian

Il recinto del ghetto nella pianta di G.B. Falda (1676)

Ghetto Falda 3

 

L'ingresso del ghetto a Piazza Giudia in un'incisione di G. Vasi (1781)

Il ghetto in Vasi 1781

 

 

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