Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 3 agosto 1571

Med. 5085, [già num. 263], c. 557r-v.

La percossa di Sua Santità non fece altro progresso che alla salute, alla quale ella si trovò restituita assai presto, et io in nome di Vostra Altezza me ne sono allegrato seco con molto suo piacere. Poiché Vostra Altezza haveva pure poi inteso esserci lettere di Francia che mostravano sodisfattione della resolutione del legato, qualunche fusse, non m’occorre dir altro, se non ch’io non lassarò già la pratica per Salviati, sebene per hora non par che ci si possa fare maggiore scoperta, come vedo anche esser parere di Vostra Altezza, la cui lettera sendo nel resto tutta responsiva di mie precedenti non ricerca altro in risposta, se non che dirò a Sua Beatitudine quanto la mi scrive del Signor Alfonso Vitelli et so che n’harà contento, havendomi mostrato che molto le premesse il fatto suo. Et con questo fine mi raccomando nella sua buona gratia, et le prego salute con ogni prosperità.

Di Roma li 3 di agosto 1571.

[Post scritto] Al Camaianoa, come egli le scrive per ordine mio più largamente, è parso già quasi due mesi vedere Sua Santità molto mal trattata da questi caldi sì nell’aspetto, come //c.557v.// nell’effetto, riscontrandosi che ella non magni col solito appetito et fuor del solito si getti alle frutte, né goda nel sonno la sua quiete. Ella a Cesi ha detto già più volte non sentirsi a suo modo da un pezo in qua. Et io, mosso stasera da queste parole del Camaiano, sono andato da esso Cesi per intendere quel che glie ne paia, ma non l’ho trovato. Starò osservando per significarle di mano in mano quel che occorre.

a Su di Vostra Altezza espunto.