Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 6 gennaio 1572a

Med. 5087, n. 6 (cc. 17r-20v).

Come con l’ordinario di Genova dissi voler fare, andammo hieri Cesi et io dopo il vespro a visitar Morone, al quale detti la lettera di Vostra Altezza, che li sodisfece assai. Gli parve bene che ella forse troppo per tempo havesse scritto in Spagna et di nuovo mostrò pur credere che non si fusse per disponer né l’imperatore, né il re, se prima non si accommodasse il negotio del titolo, perché, stante la differenza d’esso, né quelle Maestà metteriano l’arme loro sotto il carico d’un principe che stimassero mal sodisfatto, né egli potria contentarsi di non esser nominato con quel titolo che li conviene. Ma approvava però Sua Signoria Illustrissima in ogni modo questo offitio, poiché non poteva se non arguir la buona volontà di Vostra Altezza et far credere che ella havesse sollecitato per non esser prevenuta da altri. Nel qual ragionamento io andai destramente tentando, se si contentava (poiché non può egli) che Cesi andasse in suo nome con quella lettera a trattare col papa. Et perchéb veddi, dalle sue diversioni, non piacerli molto, et da Vostra Altezza non ho più certo ordine che tanto sopra ciò, non volsi stringerlo a cosa che io non fussi certo dover piacere a lei et vedessi non sodisfar a lui. Il quale tornò a replicare che dal papa si otterrebbe ogni cosa, ma che bisognava far prima //c.17v// l’altro negotio, sendoci tempo lungo per questo, poiché nell’anno presente non poteva muoversi l’imperatore. Pacecco, col quale ho conferito tutto questo, va pensando che Morone habbia parlato freddamente col papa et più tosto chimerizato da sé, che havuto in risposta da Sua Santità molte di quelle considerationi et respetti, et che per ciò non sia per veder volentieri che altri si metta in questo negotio et Cesi massimamente (se ben è tutto suo), perché è negotiante ardito et parla tanto liberamente con Sua Santità che ne ritrarrebbe il vero et gli leverebbe l’honor di concludere. Et tien per fermo esso Paceccoc ancora che in Germaniad non siano per muoversi l’armi fin a un altro anno.

Con Morone (havendo egli havuto risposta dall’imperatore della quale sarà la copia qui allegata) entrammo a ragionare dell’accommodamento, domandandogli io quel che fusse per replicar a Sua Maestà poi che ella mostrava pure che udirebbe il suo parere et li mezi che gl’occorreva proporre. Rispose la cosa venir a termini che non haveva da dir altro prima che //c.18r// intendesse la volontà di Vostra Altezza, et quel che si e fusse fatto dai suoi ministri già un pezo, che egli non ha inteso altro; però parerli da mandarle la copia d’essa lettera et aspettar quel che le occorreva dire. Et seguitandosi parlare del modo di trattare con l’imperatore mostrai che ci risolvevamo (così havevamo concluso Pacecco et io) non v’essere il migliore che mandare col nome et con lettere di Sua Signoria Illustrissima il vescovo Gerio, il quale di Firenze in passando levasse ordine per il suo bisogno, con instruttione oportuna dell’animo di Vostra Altezza. Disse subito di no perché questo saria un far troppo romore et scoperta, ma che meglio saria se Sua Santità lo mandasse lei, se non altro sotto spetie di negotiar nell’elettione del Re dei Romani et si contentasse che egli fra tanto attendesse a questo ancora in quel modo che si potesse. Gli si mostrò che Sua Santità forse non vorria farlo. Et standosi pur su questo, egli si ridusse a dire che potrebbe il Gerio venirsene a Firenze et, con buona gratia di Sua Santità, concludere il negotio di Pistoia, et poi andare a quella corte, perché così non //c.18v// pareria che andasse, spiccandosi immediate daf Sua Signoria Illustrissima ma più tosto per proprii negotii, et potria far bene il medesimo effetto; o vero, se havessimo qualche altro suggetto manco noto, mandar quello. Ma io dissi che altro suggetto di quella qualità che conveniva per trattar in nome di Sua Signoria Illustrissima cosa per noi di tal momento, non mi sovveniva che l’havessimo et che proporrei a Vostra Altezza questo ulteriore modo del Gerio, il quale forse non le dispiacerebbe. Tutta questa parte ancora ho conferita con Pacecco, il quale dice non haver mai creduto che Morone sia per scoprirsi di questa maniera, hora massimamente che il duca di Ferrara era in corte cesarea, sapendo che ha caro di trattenerselo; et che non vede come Morone possa venir a spingere il negotio per Vostra Altezza et haverci l’altro suo fine insieme di non offendere Ferrara et così tener il piede in due staffe. Però che il modo di far venir costà il Gerio con pretesto et effetto di suoi particolari negotii per mandarlo poi ben instrutto con lettere credenziali di Morone gli par modo da accettare. Questo ha una //c.19r// difficultà, che è di disponer il papa a contentarsi che il Gerio lassi una chiesa per pigliar un’altra et maneggi questa pratica, della quale forse si contentaria per conto nostro, ma non è già gratia che Sua Santità soglia farla ordinariamente. Pur Vostra Altezza potrà rispondere a tutte le parti et o dirmi precisamente la sua volontà, o, scrivendo quel che sia successo dopo la partita di Commendone, notar qual parte così delle copie et cose partecipatemi sin qui, come di quelle che hora le occorra mandarmi, voglia che io conferisca con Morone, se s’harà a consultar con lui et risolvere col suo parere, il quale così al buio non vedo che egli voglia dare, sì perché dice non saper ogni successo, sì perché Vostra Altezza, che sa in ogni cosa più di lui, meglio può per se stessa risolver questo fatto proprio.

L’ambasciatore cesareo m’ha fatto dir d’haver visto questa lettera, dalla quale piglia buona speranza, di qualche honesta compositione et che vuol farvi ogni amorevole offitio. Il medesimo m’ha mandato a dir Madruccio ancora, //c.19v// i quali possono haver notato (come habbiamo fatto noi) che l’imperatore tre mesi o più ha differito di rispondere, et poi non solo dato appicco, ma posto una parola nella lettera, la quale par che assai dichiari la mira et intentione sua esser al commodo, poi che la deliberatione ha da esser prout suae et sacri imperii necessitatig convenire videbitur. La qual parola, se ben può applicarsi alla necessità dell’honore et dignità per le cose successe, non di meno pensata più di tre mesi, portatah et pronuntiata in questo tempo di bisogno, et accompagnata dalle parole sudette dell’ambasciatore par che più veramente si commenti al primo modo. Aggiugnesi a questo che il detto ambasciatore mi dice di nuovo esser avvisato che il duca di Ferrara non per altro è andato, che per avviso de suoi, i quali lo certificavano le cose di Vostra Altezza stringersi in modo all’accordo che a essi non bastava l’animo di ritenerle più, ma ci bisognasse aiuto maggiore. Et che hora non solo tentava di difficultar l’accordo, ma far dichiarar nella precedenza; ma credere //c.20r// esso ambasciatore che l’imperatore in quello sia per risponderli che quel che si farà, sarà senza suo pregiuditio per quanto stia in Sua Maestà. Et che della dichiaratione di precedenza non possa compiacerlo, havendo Sua Santità riposto le mani nella causa; ma che se voglia dichiaratione per il capo di Modona et Reggio, intenti nuovo giuditio che non li sarà mancato di giustizia. Ho voluto che la sappia tutto questo et come è venuto a mia notitia. Et poi che non ci è occasione di scriver costà così presto, ho resoluto di mandare questa con corriere espresso, consigliato anco da Pacecco, che così richieda la qualità della cosa col qual fine in buona gratia di Vostra Alteza mi raccomando, pregandole salute et ogni prosperità.

Di Roma li vi di gennaro 1572.

[Post scritto] Il cardinale Morone, per mostrar all’ambasciatore cesareo di non voler entrar senza sua partecipatione in quel che potesse parerli negotio suo, mandò poi hieri il vescovo Gerio a darli conto di quanto passava, et domandarli se volesse egli trattar questo negotio, il quale rispose non esser a proposito che passasse per sua mano, perché //c.20v// non potria egli se non trattarlo per lettere, le quali fra il leggere, conferirle, consultar et rispondere ricercano più tempo di quel che richieda il bisogno et incontrano diverse difficoltà, però stimar buono che vada persona espressa la qual tratti con l’imperatore da solo a solo, perché così si concluderà più facilmente. Et che voleva haverlo avvertito, per dirlo anco a me, che egli sapeva certissimo che nella corte aiutarebbono Vostra Altezza la imperatrice, il principe Ridolfo (il quale sapeva haver fatto ottimi offitii) et anco il signor Trausten, ma che quel Beber, corrotto dai ferraresi, darebbe parole et la ingannerebbe; et chei si creda tutto questo perché è vero. Per esso Gerio m’ha mandato a dir Morone tutto questo. Il qual Gerio s’offerisce a servir prontamente in quel che li fia commandato da lei, et crederò che quando si giudichi a proposito il tardar poco, lassaria raccomandata la pratica di Pistoia a qualcuno etc. ma questo bisognaria farlo cadere in modo che non paresse che posponessimo i fatti suoi.

a Lettera non datata, ma con data apposta a margine da altra mano.
b Perché in un primo tempo seguito da lo, poi cassato.
c Esso Pacecco aggiunto dallo scriba in interlinea superiore, dopo aver cassato lui , precedentemente scritto sul rigo dopo fermo.
d Germania in un primo tempo seguito da per, poi cassato.
e Si aggiunto in interlinea superiore.
f Da in un primo tempo seguito da lei, poi cassato.
g La sottolineatura è fatta con lo stesso inchiostro, forse dallo scriba stesso.
h Portata in un primo tempo seguito da in, poi cassato.
i Che in un primo tempo seguito da gli, poi cassato.