Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

Printer-friendly versionPrinter-friendly version

Roma, 30 marzo 1572

Med. 5087, n. 36 (cc. 98r-100r).

Potria Vostra Altezza, non vedendo nuove lettere mie in contrario, facilmente persuadersi che nella indispositione di Nostro Signore fusse tregua o pace. Ma per che cresce la guerra, io ho voluto che la sappia ogni suo progresso. Venerdì notte travagliò al solito et hieri parimente, et il travaglio et dolore che lo tormenta et gli leva il sonno è che due et tre volte per hora orina con tanto dolore, che è cosa compassionevolissima a vederlo. L’orina è piena di marcia et puza estraordinariamente. Da questo dolore si causa talhora qualche debole ribrezo di febre, del quale però hieri non sentì. Stanotte fino alle sei hore stette men male et prese qualche quiete, ma di poi non posò mai per le cagioni sudette dell’orina, di maniera che stamane haveva il polso debole sì che il medico aspettava la febre in segno che il male superasse la virtù, ma non venne poi che una debole alteratione a pena sensibile. Dicemi Alessandrino che il medesimo fuoco che sente nell’orina, ha cominciato a sentirlo in quel che esce per il secesso, et hoggi li hanno fatto in una tinoza1 un bagno di brodi di castrati et altri grassi. Lo stomaco è debolissimo et si nutrisce di pesti et stillati, non ritenendo l’altre cose, che pur hieri a pena prese un poco di pane lavato. Sta levato et talhora //c.98v// passeggia, che non par malato. Ma concludesi che, se Dio non fa miracoli, ce ne sia per pochi giorni, sendo per serrarlo quella orina grossa et farli violenza in qualche modo. Conosce egli lo stato suo et confessa di sentirsi vicino all’ultimo giorno, se ben d’altro canto non s’abandona et fa buon animo, di maniera che a quel che s’ha da fare non bisogna perder tempo. Saremmo di parere che Vostra Altezza dovesse scriver una buona lettera di suo pugno a Sua Santità dolendosi del suo male et con mostrar quel vero desiderio che ella hab della sua vita, tornar a supplicarla che, poi che Dio l’ha posta in questa Sede per servitio della republica christiana, et per questo è da credere che ce la conservi, voglia aggiugner alle altre opere sue generose et agl’altri benefitii suoi verso Vostra Altezza due cose non meno utili a lei che honorate per ogni tempo a Sua Beatitudine et a questa Santa sede. Una è quel breve, col quale ella confermi la gratia del titolo non ostante etc. et questo, più che per altro, per stabilirla et assicurarla da capricci de suoi successori, della mente de quali non habbiamo certeza, et far constar al mondo la sua santa intentione di defender l’autorità et honor di questa Sede //c.99r// et la dignità di chi ella pretende giustamente honorato. L’altra è di pregarla che, poiché la causa di precedenza è in Roma et instrutta, le piaccia sententiar in presentia d’otto o dieci cardinali et dar fuoco a questa hidra. Del breve saremmo restati consolati, se la malattia non toglieva la commodità di negotiare, havendoci ella mostrato inclinazione Et potria ben dirli Vostra Altezza che non si scoprirà senza bisogno et che, se ella sopravive, si compiacerà d’haverlo fatto, sendo honoratissimo et onestissimo; se ella manca, haràc chiusod et sigillato l’altre gratie cone questa stimata non manco di tutte. Della sententia crederei si potesse haver buona speranza, sì perché lei stessa ha mostrato premerle assai questa causa, sì perché fu motivo suo che si potria et dovria far dar sententia di qua. Con questa lettera un’altra mi parria che la ne dovesse scriver a Alessandrino, pregandolo strettamente a favorir quel di che io le parlerei. Queste lettere desiderarei per valermene alli effetti sudetti, in evento che o il duca di Ferrara non stimasse gl’offitii che seco si fanno per il Vestrio, o che prima che da lui ci fusse avviso, si vedesse Sua Santità mancarci //c.99v// fra le mani. Parrebbe così parimente al Camaiano, soggiugnendo che ella in fine della lettera ricordasse a Sua Santità d’abbreviarla. Sopra l’espeditione del Vestrio scrive il Camaiano largamente ond’io non dico altro, se non domattina lo spigneremo con disegno d’inviarli poi dietro quel che s’è pensato per complimento del negotio. Desideraria Alessandrino che Vostra Altezza con sua letteraf persuadesse et pregasse Sua Santità a donar al signor Michele le due galere armate per lui, toccando anco che questo dono fatto a lui Vostra Altezza lo riceverebbe in conto della parte che a lei fusse toccata della preda così di legni, come d’altre cose, et che ex nunc a lui le doni, et supplica però Sua Santità che con questo o altro nome lo favorisca di questa gratia. A Alessandrino si farà gran demostratione con quello che a Vostra Altezza non rilieva, donandosi quel che (come si dice) non si può vendere, però sia servita consolarlo, et presto, per ogni respetto. L’ambasciatore di Spagna dice non haver ordine d’opporsi a Farnese, però le pongo in consideratione se fusse ben procurarlo, come le dissi anco con l’altra. Le ricordo anco che l’operar che di Francia si spingano qua quelli cardinali saria molto a proposito, apparendo il bisogno non piccolo, //c.100r// et se le paresse da stimular Delfino, io lo terrei per bene, sendo egli per opporsi sempre a Farnese, come faria Commendone parimenti, i quali, sendo fra li fondamenti della sua esclusione, sento io molto dispiacere che si trovino assenti. Promettasi Vostra Altezza il papa per pochi giorni et non fallirà. Et Nostro Signore Dio doni a lei molti anni, come io desidero.

Di Roma li 30 di marzo 1572.

[Post scritto] Per Dolfino sarà qui alligata una lettera dell’agente suo, la quale potrà mandarsi, se di costà gli si scriva.

a In una tinoza aggiunto in interlinea superiore con segno di richiamo.
b Ha aggiunto in interlinea superiore.
c Harà aggiunto in interlinea superiore.
d Chiuso su correzione di chiuderia.
e Con aggiunto in interlinea superiore.
f Con sua lettera aggiunto in interlinea superiore con segno di richiamo.