Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 31 marzo 1572

Med. 5087, n. 37 (cc. 102r-103v).

Quando tutta era in ordine l’espeditione del Vestrio nacque difficultà nella soscrittione, recusando Rusticuccio di ponervi la mano hora che è qui Alessandrino che ha il complimento principale, et Alessandrino, allegando di Rusticuccio essere il carico, che n’havea commessione et informatione. Ma stamane finalmente troncò ogni difficultà l’amorevoleza d’Alessandrino et (instando il Camaiano) vi pose la mano. Parte dunque domattina et se ne verrà con diligenza da vecchio. Siamo convenuti che in Firenze si dissimuli la sua venuta, né si faccia altra scoperta di quella che vorrà egli, il quale dell’arrivo in Firenze farà dar notitia al Signor Principe per ragguagliarlo meglio in voce del negotio suo, per il quale egli ha la credenza ampla et honorata, et potrà estendersi a modo suo, non havendo a mostrar l’instruttione più che si voglia. Nella quale è solamente certa poca mutatione che dà più spirito alla voce sua. Ma il mutarla quanto alla dilatione non saria stato possibile, né però è l’atto preiudiciale poi che non risolve cosa alcuna et non dichiara, come dirà il Vestrio istesso, il quale concorre con gl’altri, che assai sia evitar questo termino, senza voler tanto che Ferrara per desperatione non concedesse questo ancora, massimamente che questa //c.102v.// indispositione del papa potria renderlo più facile a farsene beffe. Con questo corriere mando il dispaccio per la corte cesarea, il quale ricorda anco Rusticuccio esser bene che vada presto, acciò si prevenga le querele di Ferrara che a quest’hora, forse da lui stesso, haran penetrato qualche cosa di più. Contiene una esortatione a Sua Maestà di fermar questa causa in questo tempo che può tanto patirne il servitio publico et le dà conto dell’offitio fatto con Ferrara; che tutto farà il nuntio in voce, al quale però si manda copia dell’instruttione del Vestrio, con ordine che, non havendo parlato con l’imperatore quanto li fu scritto in materia di veder la causa col titolo di Modona et Reggio, non faccia altro; et se pur havesse parlato, ritorni a dichiarare meglio l’intentione di Sua Santità et salvarla, mostrando non doversi così, come fanno, pigliar le parole sue, che non hebbono mira, né forza di licenza; et quella lettera la rimandi qua, dove Sua Santità la desidera per certa sua sodisfattione. Dovette esser scritta largamente onde si è preso questo espediente di ritirarla qua, acciò si abbruci, né più apparisca.

Questi offitii hanno quel più che si è potuto ottenere, non perché il papa //c.103r// non habbia perfettissime volontà, ma perché, volendo il consiglio d’altri, s’è resoluto con esso non dover procedere più aspramente, promettendosi far più tosto in due volte il frutto medesimo che si desideraria hora in una. Se Sua Santità o guarirà, o al meno viverà qualche giorni, come si crede, non è dubio che si sarà giovato assai alla causa, et potrà farsi anco il resto. Intanto Vostra Altezza pensarà anco sopra quel che hiersera le scrissi.

Quando sarà appiccata la pratica di Morone con l’imperatore, allhora si vedrà meglio la mira sua, né harà nociuto più che Vostra Altezza vorrà consentire quella parola della lettera di Sua Signoria Illustrissima, la quale perciò non par necessario correggere, né si può anco, sendo già inviata.

Sua Santità sentì giovamento della cassia di hieri. Stamane prese due bicchieri di latte et lo tenne et rese bene;a prese il suo pesto et stillato et magnò due biscotti con un bicchiere di vino, che le gustò sommamente. Il bagno non mostrò gran giovamento, ma, dando speranza di giovare, voglion provarne oltra quello, un altro di latte. Seguita d’orinare con dolore; ma ai suoi par alquanto più mite. Non ha febre et, resistendo già 18 giorni senza questa (d’altra //c.103v// sorteb però che io scrissi), si può sperar che la virtù sia per resistere un pezo, affermando essi che altre volte per 22 giorni habbia patito maggiormente et sperando che questo medesimo numero habbia hora a esser termine del suo male.

Non si maravigli Vostra Altezza di qualche varietà nei miei avvisi, perché dal male procede et dalle parole di quelli pochi che le stanno attorno et vedono ogni passo. Ma i più concludono che possa allungarsi qualche giorno più, non già guarir afatto o viver molto. Purec piacciad a Dio di conservarla. Con Alessandrino complirò secondo il bisogno et le darò conto di quanto occorrerà. Che è quanto per risposta della sua de’ 27 et per altro mi occorre dire a Vostra Altezza et le bacio la mano.

Di Roma li 31 di marzo 1572.

a Bene; in un primo tempo seguito da ma, poi cassato.
b Sorte non è chiaro se fosse preceduto da un’altra parola.
c Et sperando che...pure aggiunto dopo la data con segno di richiamo.
d Piaccia in realtà scritto con la lettera iniziale maiuscola, in quanto eseguito prima dell’aggiunta.