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Roma, 16 marzo 1571
Med. 5085, [già num. 178], c. 366r-v.
Al cardinale Morone ho fatto dare la lettera di Sua Altezza et non mancarò di mostrarli con circospettione cortese quanto si aggradisca l’animo et l'opera sua et che sia per serbarsene obligata memoria ecc. Ringratio Vostra Altezza delli offitii fatti ad instanza mia nella vacanza del Gaddi et ripigliarò per buona ogni resolutione che esca dal gran duca. Il cardinale Orsino resta soddisfattissimo della risposta cortese datami da Vostra Altezza intorno all’albernuzzo et io haverei per buonissimo che, sendo perso o guasto il suo, ella complisse seco, come offerisce.
Questi di Loreno, stimando la revocatione dell’ambasciatore fatta ad instanza loro, si lodano sommamente di questa demostratione, la quale so che Salviati harà posta in grado a quel cardinale, come harà fatto anco Rambugliet et il Musotto, sì che egli se ne terrà buono. Col gentil’homo passato hieri di ritorno per Francia renuntia esso Rambugliet il carico delle faccende, supplicando quelle Maestà a provederne altri quanto prima.
Il prete sta bene et io gl’intimarò la venuta acciò si ponga a camino et se ne spedisca, finché il buon tempo dura.
Non dubito che Vostra Altezza sia per essere simile a se stessa nel particolare del signor Horatio, ma non possetti non sodisfarmi di quello offitio per la cura ch’io me n’ero presa, et la ringratio del buon animo che la gli mostra in gratia mia. Del Villano, de legati et di tutte l’altre cose aspettarò la risposta sua et per il cavaliere Camaiano m’adoprarò dove egli mi mostri inclinare l’animo suo et poterli giovare l’opera mia.
Il parto della signora donna Isabella ho sentito con molto contento, poi che è stato con salute sua et della creatura, et m'allegro con tutti, come ho fatto con me stesso, di questa nuova gratia che Dio n’ha concessa.
Di Venetia non s’ha ancora risposta alcuna sopra la Lega et forse quelli signori, non potendo //c.366v.// riceverne gran commodi così presto, andaranno adagio a privarsi dell’aiuto dell’accordo col nimico. Dio gli inspiri a quel che è più servitio della causa sua, et a Vostra Altezza doni quella felicità maggiore ch’io le desidero.
Di Roma li xvi di marzo 1570.