Il cardinal Ferdinando al principe Francesco

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Roma, 3 dicembre 1571

Med. 5085, [già num. 278], cc. 606r-607r.

Io non ho fatto l’offitio che Vostra Altezza mi comanda intorno alla preda della battaglia navale, perché hieri et hoggi è stata occupata Sua Santità nella Cappella et nel consistorio, oltra che in materia tale molte cose sono parse da considerare, poiché la capitulatione non parla in questo particolare, né viene esso incluso nella relatione che essa capitulatione ha con la che si teneva col re, specificandosi molto bene dove questa si riferisca a quella.

Però, non essendoci la iustitia che Vostra Altezza presupone tanto chiara quanto bisognaria per strignere Sua Santità, la quale ha posto amore a questa preda et non mostra pensiero o cenno alcuno d’haverne a dare parte, io ho pensato che buon modo sarà il tentar Sua Beatitudine col mostrarle che le galere di Vostra Altezza tornate a Livorno si trovano così rovinate nei legni et negli homini, che difficilmente si potranno rimettere senza l’aiuto di Sua Santità, alla quale però si supplichi che ne conceda questi pochi //c.606v.// schiavi che restano et de l’altre cose tante che bastino a rifare il danno patito. Questa domanda, accompagnata di colori convenienti, ha tanto del ragionevole che non dovrà essere ributtata et è più atta a muovere Sua Santità poiché più facilmente s’otterrà dalla sua liberalità che dalla iustitia et, se s’ammette da lei, ingombra ciò che vi è, poiché soli 205 schiavi vi restano et circa x gusci di galere rovinatissime et sfornite, che non vagliono altrettante migliaia di scudi, et le artiglierie è risoluta Sua Beatitudine di serbarle per servitio suo. Siamo in tempo benissimo per trattare il negotio, non sendo discusso ancora non che deliberato cosa alcuna, et il giorno di domane, che necessariamente conviene passare, lo spenderò in disponere la materia et pensare bene al modo di condurre la cosa a quel segno che viene desiderato et prescrittomi //c.607r.// da Vostra Altezza, senza la cui partecipatione non fermarò cosa alcuna, se ben a modo d’altri par che convenga fermare quel che non è in man nostra. Persuadasi che si trattarà il servitio suo con quella diligenza che convien maggior et con quelle avvertenze che bisognano particolarmente con Sua Santità, et con le prime Vostra Altezza sarà avisata del successo.

Intanto la ringratio di ciò che offerisce di fare nella differenza tra Ruspoli et Pazi, attendendone qualche risposta da lei, alla quale non havendo che dir altro per questa, con ogni affetto le baso la mano.

Di Roma li 3 di dicembre 1571.