Il cardinal Ferdinando al principe Francesco

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Roma, 19 gennaio 1572

Med. 5087, n. 10 (cc. 27r-28r).

Lunedì col corriere di Lione furono l’ultime mie per il granduca et per Vostra Altezza di poi non ho altro da dirle perché non ho potuto tornar da Sua Santità con la quale si farà l’offitio che la comanda intorno alle galere, havendo io anco communicato il tutto con l’ambasciatore acciò ne sia instrutto per valersene all’occasione. De forzati credo al fermo che Sua Santità vorrà quanti bastino a complir il bisogno delle due galere, et quando con questa occasione si potesse cavar da Sua Santità l’artigliaria et gusci che le avanzano, non saria forse poco, sendo i gusci otto al meno, et 15 cannoni, con altri rigagli: pur io non proporrei partito alcuno né mi partirei dall’ordine che la mi dà, senza nuovo ordine suo. Delli avvisi di Spagna so che Nostro Signore sentirà molto piacere, desiderando veder aprirsi la via a qualche buon sesto in queste cose nostre. Come lo sentirà anco delli continui buoni offitii di Vostre Altezze a favore della Lega, che di tutto passato hoggi darò conto a Sua Santità. L’andata del granduca a Pisa mi presupone la sua salute et però mi piace sommamente quanto io li scriva, Vostra Altezza lo vedrà dalla lettera che io le mando in forma aperibile, che così seguitarò, parendoli, finché Sua Altezza starà in quelle parti. Et con questo fine le baso la mano.

Di Roma li 19 di gennaro 1572.

[Post scritto] Quel che mi occorrerebbe dirle in certa differenza fra due sue vassalli dal Borgo, lo vedrà dallo scritto qui alligato. Se si potesse lassarli //c.27v// contender fra loro, senza tirar adosso a Vostra Altezza per interessi di chi si sia il carico di impedir il corso ordinario degl’ordini di qua, io crederei che fusse molto meglio che il dar a Sua Santità certe male sodisfattioni per cagioni deboli, et insieme porgerle occasione di proromper in publica Segnatura, come ella suol fare in simili casi. Pure, a me che non so qual cagione muova Vostra Altezza, bastarà d’haver detto sin qui per mio debito, et rimetter tutto alla sua prudenza.

[Allegato autografo] //c.28r// E’ stata in Firenze ritardata l’esequtione d’una citatione et inhibitione conceduta qui da monsignor Mattei clerico di Camera et iudice delegato da Nostro Signore nella causa che verte davanti a lui nella terza instantia fra messer Giovan Battista Savelli, caudatario del cardinal Delfino, et un Francesco Bianchi, amendui dal Borgo San Sepolcro, et perché questo Savelli, che ha hauto sententia contro dal vicario di Firenze et ad instantia di chi è stataa commessa la causa da Nostro Signore voleva far proponer una commissione davanti a Sua Santità nella quale viene narrato l’impedimento dell’esequtione sopradetta, il che è sommamente per dispiacere a Nostro Signore più d’altra cosa che possa sentire, S’è fatto opera con monsignor nuntio che voglia accomodar tal differentia, che è per conto di spoglie vendute da esso medesimo a questo Bianchi et havendo risposto il nuntio parole generali, più non si può tenere questo Savelli che non reclami a Nostro Signore.

È parso a Sua Signoria Illustrissima far sapere tutto a Sua Altezza con pregarla che voglia permetter che sia data quest’esequtione accioché non habbia a venire altro romore all’orecchi di Nostro Signore maxime che havendo il Bianchi contrattato con la Camera apostolica facendo mercantia di spoglie non li dovrà parer fatica litigar davanti a iudici deputati da Nostro Signore nella medesima Camera come è lo stile.

a Stata aggiunto in interlinea superiore.