Il cardinale Ferdinando al duca Cosimo I

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Roma, 15 maggio 1569

Med. 5085, [già num. 72], cc. 130r-132v; c. 134r.

Hieri parlai con Nostro Signore delle cose del cardinale del Monte in generale, come scrissi d’haver resoluto.

Sua Santità accettò da me in buona parte quell’offitio, ma con parole detestatorie della vita sua, lo chiamò il vituperio di questo sacro collegio, accennando di doversi rendere poco benigna verso di lui per la sua incorregibilità. A lui feci dare conto di questo ritratto et egli non di meno subito in cocchio se n’andò per Roma, havendo seco un servitore suo che già un pezo è stato il ministro de suoi errori, il quale in mezzo di Roma gli fu levato dalla birreria con molto suo disonore et condotto prigione. Qualunque cosa sia successa di poi Nostro Signore mandò hoggi a chiamarlo et dopo lungo ragionamento li comandò che andasse in Castello, dove hora si trova. Di che ho voluto avvisare Vostra Eccellenza con l’occasione di questa staffetta che le spediscano li suoi. Sarà esaminato sotto l’imputatione d’haver conosciutoa due sorelle carnali, da che egli afferma esser innocentissimo. Ma io credo che Sua Beatitudine vorrà procedere per l’altro capo dell’incorregibilità. //c.130v.// Ha mostrato prima et poi anco andando in Castello fattomi dire che non confida in altri che in noi. Però Vostra Eccellenza con la prudenza sua pigli lei il tempo et il modo di porgerli aiuto, ch’io farò sempre quanto la mi comandarà.

Tra l’Alba et il Pirro Saracini miei scudieri (su l’occasione di certe parole dette al Pirro alla tavola mia del fallimento d’un parente dell’Alba) è seguito che l’Alba questi dì passati, trovatolo qui poco lontano di casa, disarmati ambedue, gli diede una mentita offerendogli di venir seco alle arme, che per all’hora fu recusato da lui, con dire che voleva prima parlar con me. Io, havendo notitia di ciò, ordinai, per evitare scandolo, che ad ambedue fusse vietato di uscir di casa. L’Alba obedì al comandamento, l’altro non fu trovato per tre giorni, dopo i quali, venuto in casa intorno alla cucina in tempo che lo scalco pigliava il servitio mio della tavola, passando l’Alba, gli si scoperse invitandolo a far questione per quelle parole et, replicandoli lui //c.131r.// che gli desse tempo da disobligarsi dal mio comandamento, li disse che lo teneva per vituperoso (o altra simil parola) non andando et in un tempo stesso li buttò in faccia un mazo di fiori. Da che mosso, l’Alba l’arrivò con un pugno nel petto et Pirro, forse dubitando d’altro, messe mano al pugnale, per il che et per essersi tra lui et quell’altro disarmato posti gli scudieri, finì la quistione, nella quale solo io resto aggravato d’ingiuria non leggieri, et di pessimo esempio, havendo ardito Pirro di violare la sicurezza et libertà di casa mia pensatamente sul’hora, nell’atto et luogo istesso del mio servitio. Di che pensarei risentirmi non solo con cassarlo dal mio rolo, ma con pregare Vostra Eccellenza a dargliene, se arriva di costà, quel castigo che merita chi così poco respetto habbia havuto all’honore mio, et imparassino gli altri a far differenza dalla casa mia alla campagna aperta. Tuttavia sendo io poco pratico in questi casi et essi due servitori datimi //c.131v.// da Vostra Eccellenza, non ho voluto muovermi senza il consiglio et cenno suo (massimamente non comparendo Pirro). Però la prego a dirmi quanto le pare ch’io debba fare, anco per instruttione mia nell’altre cose che come questa mi offendessero.

Nel passare la resignatione della badia che il vescovo di Spoleto vorria dare al signor Mario Orsino ha Nostro Signore questo leggier scrupolo di provedere lui d’uno benefitio che non è del suo ordine. La qual difficoltà, dicemi il datario, che si risolveria facilmente se Vostra Eccellenza si contentasse di scrivere a Sua Santità in raccomandatione del negotio una lettera amorevole, la quale fusse poi presentata oportunamente, come si ordinarebbe. La supplico a farmi questa gratia della sudetta lettera, certificandola che mi sarà carissima per il servitio del signor Mario il quale, non s’aiutando hora, si perderà questa badia che vale 1600 scudi, potendo poco hormai sopravivere quel vescovo per le sue indispositioni. Che è per fine col quale a Vostra Eccellenza humilmente mi raccomando.

Di Roma li xv di maggio 1569.

[Post scritto] Nella suddetta differenza tra li miei servitori un’altra cosa ancora m’è dispiaciuta //c.134r.// et è che sia nata perché all’Alba assente dalla tavola sia stato referto, forse anco con qualche aggiunta, quel che disse Pirro, et che fu ragionato da me et da altri. Dicami Vostra Eccellenza la prego intorno a simili portatori di novelle il suo parere, perché in questa parte ancora ho bisogno non piccolo di provedere in casa mia et mi perdoni queste molestie.

a D’haver conosciuto tra due segni diacritici.