Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 12 dicembre 1586

Med. 5092, n° 170 (cc. 439r-440r), firma autografa

//c. 439r//

La regina di Polonia [1], la quale pregata doveva instare per la gratia di quel Ripa [2], dovrà anco facilmente appagarsi della resolutione datali da Vostra Altezza, la quale mi pare che molto bene faccia, tenendosi difficile in simili cose. Quando venne il Capilupo [3], mi referse per se stesso, et a nome della Principessa [4], che ella era tanto mal ridotta et tanto fuor d’ogn’altra speranza per la sua salute, che della mutatione di quella in cotesta aria, atteso il profluvio continuo di catarro, che io potetti stimare, che ogni dilatione fusse pericolosissima, come egli me la mostrava, il quale mi disse che a Vostra Altezza havea detto il medesimo, et che sendosene trattato prima con lei direttamente, ella haveva mostrato descendere nella medesima opinione, et contentarsi, che la venisse, ma restarsi indietro (come haveva inteso da quella signora) solo perché di Mantova si voleva che ella lo comandasse, et lei restava sul mostrare d’haverlo caro, et desiderarlo, ma non volerlo già comandare, talché si vedeva contentione di complimento più che d’altro. Con questo //c. 439v// ragguaglio proponendomisi di mettermi di mezo, io nel pericolo della dilatione giudicai non solo permettermi, ma obligarmi ancora l’amore che porto a quella signora, che stimo mia figliola, sodisfarla di fare quell’offitio subito, nel quale non fu espresso il modo del venire in questa stagione, che bene ancora io vedo qual sia, (se bene hora molto peggio che allhora) perché loro stessi giovani mi facevano mostrare, che infino a Bologna sariano venuti per acqua, et che di quivi a Fiorenza la Principessa portata in sedia saria venuta senza pericolo della gravideza, In questo modo passò il negotio, et io del gusto di Vostra Altezza stimai potere dire quel che era verisimile, et se error vi è, credo che le parerà meno grave, et che facilmente me lo condonarà, sendo errore di pietà, et per le parole di Capilupo commesso con presuposto di cooperare in certo modo, facendo così, con Vostra Altezza  alla conservatione di quella figliola, che senza questo m’era presuposta in stato da poterne sentire pessimo successo.
Di Valerio Orsino non credo che farò altro, poiché il papa tutto volto //c. 440r// alla promotione stretta si mostra resoluto di posponere casa Orsina a questa volta dicendo di non dare Ascanio [5] alla famiglia, ma alla instanza del Re [6], et per la parte di Sua Maestà. Combattiamo per il Patriarca  [7], per il quale credo di havere sodisfatto pienamente a Gonzaga et a questi ministri di Mantova per la mia parte et co’l nome di Vostra Altezza, et non posso dire se non che non vi è negativa il che può dare qualche speranza, ma non certeza da promettere buon successo.
Vennero li figlioli di Traiano Bobba [8], li quali io accolsi amorevolmente come dovevo, et alle offerte fatteli, risponderanno sempre li effetti in ogni loro occorrenza. Con che a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xij di dicembre M.D.LXXXVJ.


2. Urbano Ripa. Cfr. la lettera n° 166.
8. Traiano Bobba da Casale Monferrato, cavaliere di Santo Stefano ed agente dei Medici.