Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 25 maggio 1585

Med. 5092, n° 51 (c. 130rv), firma autografa

//c. 130r//
 
Corrono qua tanti in questo principio del Pontificato per loro occorrenze che alla maggior parte conviene che la fretta resulti più tosto in più lungo disagio che in agevoleza di gratie, et io tengo bisogno d’essere escusato particolarmente poiché da molte parti si fa capo con me, et pur sto resoluto, che bene sia passarmela come Vostra Altezza consiglia, ristringendomi alle cose nostre et più sustantiali. Il che dico in proposito del Fregoso, del Campano, et altri, et di quelli massimamente che vogliono gratie non ordinarie, per li quali nondimeno alla giornata andarò facendo quel che  si possa, poiché Vostra Altezza non comanda d’altra maniera. Hieri introdussi l’arcivescovo di Pisa [1], et Sua Santità l’accolse con molta amorevoleza, gustando di ragionar seco di Vostra Altezza et di quel che egli portava, con mostrarli d’havere caro che stesse qua questa estate, et comandarli, che si lassasse rivedere spesso, come dovrà egli scrivere più particolarmente al quale mi rimetto. Delle cose del signor don Pietro [2] scrissi a Vostra Altezza tre dì sono con quel più che ella haverà visto dalla mia dirizata in sua mano. In risposta della sua de’ 19 comparsa poi, posso dirle, che al viceré di Napoli [3] fu estremamente grata l’offerta che gli facemmo et n’ha passato con me ringratiamento complitissimo. Quei tumulti si quietorono interamente, et qui comparse hiersera don Alonso suo fratello [4], che alloggia con me, mandato a baciare li piedi al papa. L’ambasciatore ha parlato con Cesi [5] et con me sopra il negotio commessoli da Vostra Altezza, et conforme al discorso fattone dovrà hoggi trattare con Sua Santità come Vostra Altezza ha ordinato. Io vedo che Sua Santità sta aspettando quel che li porti il duca di Nivers [6], et a me ha mostrato che //c. 130v// harà caro di sentire l’ambasciata avanti la sarà venuta. Mi domandò quel che in quelli tumulti sarà per fare Vostra Altezza, et io conforme a lo che  havevo ritratto dall’arcivescovo, dissi credere che la se ne staria a vedere senza rimescolarsene, a che Sua Santità mi replicò che il medesimo saria per fare lei. Ma questi sono ragionamenti et non resolutioni, però staremo a vedere, et sopra questo et altro il cardinale Salviati [7] che parte domane, dirà a Vostra Altezza quanto habbiamo ragionato et le bacio la mano.
Di Roma li xxv di maggio M.D.LXXXV.