Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 3 aprile 1587

Med. 5092, n° 192 (c. 494rv), firma autografa

//c. 494r//

Io crederei che il papa fermerebbe l’animo nelle diligenze che fa Vostra Altezza contra Lamberto [1], et quelli altri tristi, ma lo scrivere del nuntio di costì [2], et di monsignor Marchesano [3] di Romagna è tale che io non mi maraviglio che lo ponga in dubio di ciò che ha da credere, poiché Marchesano del ricetto et aiuto che colui ha di costà, parla resolutissimo et il nuntio passa tanto innanzi co’l referire le parole, come egli afferma, dette da Vostra Altezza di Sua Santità, che lei stessa gl’ha fatto rispondere che non vuol crederle. Se si moderasse quel che colui scrive forse per coprir qualche defetto di loro ministri et quel che cotesto santoccio [4] si lassa uscire della penna, non so per quale humore, il papa stimaria facilmente essere se non aiutato, almeno non sprezato. Io sentendo >…<[i] quattro dì sono che Sua Santità haveva fatta una parlata in tavola, se bene assai modesta, feci nascere occasione di trattare sopra coteste cose, et mi parve di lassarla assai sgannata del passato, et assai capace che Vostra Altezza serbava la medesima volontà di servirla, et che come pratica alla scrima con questi tristi, doveva credersi che fusse per via più sicura di castigarli che se venisse a certi modi scoperti, da quali non però si poteva sperare maggior profitto.
Qual modo volesse tenere  l’Imperatore [5] nella pratica di Polonia per li fratelli, già lo scrissi a Vostra Altezza. Con  corrieri venuto hieri scrive a Madruccio [6] et a me d’haver consultato poi con essi, et che di accordo erano convenuti che si procurasse nominatamente per Ernesto [7], mostrandosi desiderare per lui particolarmente, ma in caso, che più inclinati si trovassero quelli Polacchi a gl’altri fratelli, si volgesse il favore a quel di loro, a che più inclinassero. Così volendo trattare Sua Maestà per la sua parte //c. 494v// ha voluto che supplichiamo il papa a mutare in questa forma l’ordine suo, et così ha fatto Sua Santità, la quale s’è contentata ancora di revocare il Possevino [8], dal quale non si promette l’Imperatore se non mali offitii. Sentendo io dire a Sua Santità che il Turco aiuti suoi adherenti con ogni industria, dissi che questa era l’occasione di valersi de danari con gente avara, et solita di vendere il voto suo, et che saria vergognosa cosa, se casa d’Austria restasse indietro per povertà, onde Sua Santità si mostrò pronta a soccorrere gagliardamente, et ragionandosi del modo, disse, che non mancariano modi, poiché vi erano mercanti fiorentini et altri con quali potria havere correspondenza, et Sua Santità m’ordinò d’informarmi, dicendo che quel che occorresse potria rimettersi sotto nome mio o d’altri per manco scoperta di lei. Però prego Vostra Altezza di fare intendere come si potessero fare queste rimesse, et ordinare che me ne sia dato conto, acciò che se pur (venendo il caso) serbarà Sua Santità la medesima dispositione, per noi non resti, che l’Imperatore non riceva questo servitio, et non habbia Sua Santità scusa di non farlo. Di tutto questo si è dato conto a Sua Maestà con corriere suo, che domane dovrà spedirseli in dietro con questo spaccio. Et sendo quanto mi accade questa sera, le bacio la mano.
Di Roma li iij di aprile M.D.L.XXXVIJ.


3. Il commissario contro i banditi Giovan Battista Marchesano.
4. Termine già usato da Boccaccio per “sciocco”.
8. Antonio Possevino.
[i] Espunto un che  parzialmente cancellato.