Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

Printer-friendly versionPrinter-friendly version

Roma, 17 luglio 1587

Med. 5092, n° 206 (c. 524rv), firma autografa

//c. 524r//
 
Era stata buonissima resolutione di spingere altro corriere in cambio di Simoncino [1] impedito dal male, et se andava innanzi tornava molto bene fatto per il negotio di don Pietro [2] per la forza che le mie lettere hariano preso dall’autorità di quelle di Vostra Altezza. Ma quella signora fece altra deliberatione che se bene per il suo negotio torna meglio, non fa però in medesimo per il nostro che se ne resta alla via ordinaria. Ella vuol mandare un suo creato con instruttione piena di risolvere ogni difficultà, il quale parlarà anco in modo da tirare tanto più facilmente il Re [3] per la via desiderata di qua, quanto più la mostrarà desiderosa, et resoluta della conclusione, alla quale così pare che poco importarà se Sua Maestà non vi habbia voluto attendere, et bastarà che l’habbia consentito, o lo consenta. Del corriere havevo con altre lettere per l’ordinario dato tal cenno che sarà aspettato; per il che, ma più perché malvolentieri vedo, se non si sollecita, andarò perdendo questa occasione che Vostra Altezza approva per buona, et continuarsi più che mai fra quelle indegnità, io verrei che spedissimo in ogni modo, credendo che le lettere saranno a tempo se non a prendere la resolutione di quelle donne, almeno a trovare per la disputa della dote in negotio anco pendente. Però mando con questa il mio dispaccio a Vostra Altezza, supplicandola che quando per qualsivoglia respetto non le tornasse bene di spedire lei per questo o per altro suo servitio, le piaccia ordinare al Serguidi [4] che spedisca corriere con questo medesimo dispaccio, accompagnato però delle lettere che la mi dice havere scritte a don Pietro et suoi ministri, et dal Cappone [5] //c. 524v// faccia pagare il danaro solito per andare, che così io restarò contentissimo, et forse haremo quel che vogliamo. Nostro Signore incitato da quelle ultime galeotte, et disgustato dalle parole spagnole è ritornato su pensieri d’armare le 10 galere, stimolandolo anco la conscienza poiché gode l’assegnamento. Così ragionando qui li dì passati con me, si mostrò inclinato al commendator[i] franzese [6], che qui è con l’ammiraglio di Malta [7]. Nel qual suggetto mostrandomisi poi al consistoro resoluto, sì che l’haveva fatto chiamare, io li posi in consideratione che poiché voleva servirsi di cavalieri di Malta, saria stato bene di communicare questo pensiero col Granmaestro [8], che è suo servitore, et non dovrà proponere persona se non attissima per questo servitio. 
Con questo mi venne ritenuta Sua Santità da tal risolutione, che cadendo in franzese, mi pareva da piacere a pochi, et ingelosire li vicini; et così Sua Santità adherendo alla mia proposta volse che io havessi cura di scrivere al Granmaestro che li proponesse certo numero di suggetti, notando li più atti, et italiani particolarmente, dichiarando che voleva quel tal cavaliere per fare quelle galere; riserbandosi di risolvere della persona sua circa il resto, secondo che in questo le riuscisse alla prova. Questa mattina sono  partiti di qua con certi prigioni duoi fratelli zoccolanti in habito secolare [9], che d’ordine di Nostro Signore m’è convenuto sententiare a coteste carcere delle Stinche[ii], alle quali se saranno accettati, li frati costà provederanno al bisogno loro nel miglior modo che potranno, come ho fatto ordinare a quel ministro [10] finché la loro provincia dovrà pensarvi; et a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xvij di luglio 1587.


[7] Giulio Cesare Malvicino.
[8] Hugues de Loubens de Verdale.
[9] Non identificati.
[10] Cfr. la lettera n° 18, nota 3.
[i] Segue uno spazio bianco.
[ii] Minuscolo nel testo.