Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 29 novembre 1585

Med. 5092, n° 96 (cc. 241r-243r), firma autografa

//c. 241r//
 
Mi trovavo senza lettere di Vostra Altezza questa settimana, ma anco senza maraviglia di ciò, sapendo dal Serguidi [1] la cagione, che mi ha dato molto gusto, poiché va a camino della conservatione, per la quale il papa le ricorda una buona regola di vivere, dicendo che così la vuole questo male, et che così l’ha usata et usa Sua Santità ancora; alla quale dando conto due dì sonoa  in consistoro di quanto havevo fatto qui, et a Bracciano per il signor Virginio [2], mi rispose che havevo fatto molto bene, et che seguitassi pur di tirare tutte le cose sue a buon termine, et che non ci dessimo fastidio di testamento qualunche fusse, perché (come m’haveva fatto dire da messer Piero [3]) faria lei quanto bisognasse, replicando non credere che Ferrara o Urbino fussino per accettare almeno senza sua partecipatione, et che in questo ultimo caso ella gli levaria da partito, et in ogni evento li mostraria, che qua è padrona lei, et insomma di strigarci questa parte, vuol che lassiamo la cura a lei, et attendiamo d’aiutare Virginio nel resto; che è concetto tutto contrario a quello di Gregorio [4], che per fuggire la mano nostra in quello stato pose sotto le banche tutte le cose del signor Paolo [5]. Li posi in consideratione, se le fusse parso pigliare la Corambona [6] nel passo per questo Stato mentre viene ad Augubio et Sua Santità mostrò essere meglio lassarla assicurare, et venire qua, perché intanto si cavarà da questi prigioni la cagione di procedere, che fin’hora non appariva, et ella verrà //c. 242r// via certo, poiché né anco la signora Camilla [7] la spaventarà in modo alcuno.
Rusticuccio [8] mi disse poi la risposta del papa, la quale è tutta amorevole, ma sustantiale, et a serbare con ogni diligenza per quel che dice d’havermi commesso di pigliare il possesso dello Stato a nome di lui, et procurare il suo servitio. Mi domandò poi Rusticuccio quandob verrebbe il signor Virginio, et passò questo proposito con parole, che arguirono ragionamento corso fra lui et il papa. Io risposi che di questo lassarei  cura a Vostra Altezza, senza la quale né anco qua farei cosa alcuna, et così brevemente passai questo capo.  Dall’incluso memorialec vedrà Vostra Altezza quel che si propone et desidera da lei per mezo mio. A questo vescovo che è suggetto d’honoratissime qualità non ho saputo negarlo, et potrà risolvere lei prima o poi quel che le sarà di servitio. Non credo che la conditione di questo don Gasparo sia tale, che non s’accordasse con trenta in quaranta scudi al mese per quanto ho potuto conietturare, ma non ho voluto restringermi ad altro, né dire a Vostra Altezza se non che me ne fanno molto honotata relatione. Che è quanto accade et le bacio la mano.
Di Roma li xxviiij di novembre M.D.LXXXV.
 
 
Scrittod sin qui è comparsa la sua de’ 26, et per quel che si faccia con maturità //c. 242v// non può se non lodarsi, lodo che Vostra Altezza sia rimasta sospesa fra la varietà di pareri et voglia meglio sapere quel che di qua accade, dove con buon consiglio s’è fatto quel che  si è fatto, et si stima necessarissima la procura per liti et mille cose pendenti, le quali patiranno quanto più si differirà, ma domane vedranno questi avvocati la lettera di Vostra Altezza et la copia del testamento, et diranno quanto li accade, et con l’ordinario inviarò la risposta et giuditio loro. Intanto darò a Nostro Signore la lettera di Vostra Altezza, la quale sta in buonissima forma, et dovrà tanto più confermare Sua Santità in quel che ho scritto di sopra. Il testamento è stravagantissimo, et non è dubio che harà molte obiettioni, et quelle particolarmente che Vostra Altezza considera, ma stimaranno forse bene opponerle, quando i legatarii lo produranno, a quali anco potrà opponersi una donatione fatta già dieci anni a Virginio libera et  universale, che si dovrà trovare fra queste scritture, che mi feci dare, la quale potria essere cosa di momento. Di Ferrara et Urbino [9] vede quel che dice il papa, ma se si stima buono non haverli, certo è che più indietro si ritireranno quanto più vedino fatto per Virginio da noi in questa presunta ignoranza. Buonissimo espediente haveva preso Vostra Altezzae scrivendo lei a Lodovico [10], ma se la non stima sicuro di potere fare lei quel che bisogni //c. 243r// per levare lei quella spesa di Padova, non mi sovviene chi possa farlo di qua. Fin’hora non ho fatto più di quello che scrissi, sì che Vostra Altezza non arguisca troppo ardore in me dal molto che io possi haverli detto per sua informatione, perché il fare è stato et è scarsissimo, sendomi tenuto molto indietro finché io vedessi la sua risposta, senza la quale, et senza il suo ordine, non ero, né sono  per fare altro, et particolarmente della roba, fuor che il fermarla, et assicurarla dalli strabalzi, et a Bracciano sono andato a caccia come solevo andare prima, che è stato di consolatione a quelli homini. Né dubiti Vostra Altezza di sentire mai che io tocchi roba non comprata di miei danari, come lo vedranno ministri che dovranno dependere da lei, come gli ho detto. Mandai il signor Francesco più vecchio di casa Orsina a fare quello atto solo, et semplice con un notaro datoli da me, et che altri parenti mi preghino di fare cosa alcuna, non posso aspettarlo poiché non ve ne sono, et don Lelio [11] confesso che per li maneggi farnesiani con quelle girandole mi si rese sospetto, ma ha sempre instato per quello che si è fatto, et io ho fatto per ordine del papa come la vedrà, che bene ancora so le nature di questo paese, et le temerei se Sua Santità non si fusse scoperta quale ho detto. Etc.

 
9. I duchi di Ferrara e di Urbino Alfonso II d’Este e Francesco Maria II Della Rovere.
10. Verosimilmente Ludovico Orsini.
 
a C’è una d  macchiata d’inchiostro, probabilmente un errore.
b Nel testo con la maiuscola.
c Non conservato.
d La firma si trova nella pagina seguente.
e A questo punto c’è la firma, quindi da haveva ad bisogni, è scritto solamente su metà pagina. Per la particolare impostazione della lettera la firma viene trascritta alla fine.