Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 22 agosto 1586

Med. 5092, n° 145 (c. 388rv), firma autografa

//c. 388r//
 
Dell’acqua, et de conti, per piena sodisfattione di quello che Vostra Altezza mi mostra con la sua de’ 16 posso dirle, che pur hieri venne qua vicina a due miglia, cioè quanto tira il condotto finito, et Sua Santità restò chiara dell’ignoranza o malignità d’altri, et confessò d’havere mal creduto, et ch’il condotto è bene livellato. E’ grand’acqua, et se vorrà aggiugnervi quella della botte più bassa, m’obligo di metterla nel condotto a mia spesa, se ocorra qua darmela meza. Non volse, che gli si seguitasse di leggere da deputati la relatione de conti, ma si contentò sentire in somma, che erano tenuti con intera fede, et diligenza, et disse d’esser chiara, ch’il danaro era speso bene, et utilmente, et che né lei, né io eravamo stati ingannati. Così essi medesimi mi refersono, da quali harò la relatione scritta, et fermata, et poi vorrò che venga in campo l’autore della poliza, et li compagni, et tocchi a chi si voglia. Con questi ambasciatori cesarei [1] non vi è altro, et di noi certo se ne portano ogni sodisfattione et il papa stima finalmente fatto assai, dichiarando con la revocatione, ch’il Borgo non si tiene per la Sede Apostolica come haveva detto Gregorio [2].
Nel caso della signora Hippolita [3] darò la risposta precisa di Vostra Altezza ma accordandola poi da me col benefitio di quelli figlioli al quale non saria //c. 388v// punto espediente, che il papa cominciasse a ponere li offitiali in quelli luoghi perché sopravenendo a questo un altro papa, si potria dire quasi perduta la iurisdittione. Ben potrà ordinare Sua Santità sia dato tutore o curatore, che faccia per li figlioli fino all’età legittima, et che renda a lei quel che se le debbe, la quale altrimenti da se stessa, se così de facto, le fusse levata la tutela non cavaria del sacco le corde.
Ragionommi stamane in consistorio Sua Santità di Gaetano [4], quasi che volesse sapere se l’havevo invitato costà, o se l’invitarei, dicendomi che credeva, che vi passarebbe, et io li dissi in somma, che vi saria carezato come gl’altri, né più oltre volsi estendermi. Nel resto mi rimetto al cavaliere Serguidi [5] in quel che le mostrarà. Et le bacio la mano.
Di Roma li xxij d’Agosto M.D.LXXXVJ.