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Roma, 5 novembre 1586
Med. 5092, n° 158 (c. 417r), firma autografa
//c. 417r//
Nostro Signore già tre dì non è stato bene, ma non havendo communicato il male né ancora con il medico, non si è saputo fuori. Ogni dì ha havuto un poco d’alteratione di febre, la notte de morti non si riposò, et stasera finalmente assalito di nuovo su le xxij hore, si pose al letto. Ha ricordato che gl’havevano predetto malatia per li xxiiij, et come nelle malatie dicono essere assai vile, pare che rimescolando il calculo di questo principio con altre preditioni et novelle, possa havere qualche paura di peggio. La cosa si sa per pochi, et io l’ho partecipata stasera con Olivares [1], che a punto stava scrivendo a Spagna, al quale venne nuova et inaspettata, et con l’occasione del suo corriere ho voluto darne questo motto a Vostra Altezza soggiugnendo che non può darsi ragione, né giuditio del male, perché nessuno l’ha osservato, ma che potria essere forse de catarri, che vanno attorno, et che domane si saprà qualche altro particolare da premostrarci l’esito, del quale io non so veramente che mi dire, se non che se andasse a male, sarebbe assai duro il futuro, poiché a Farnese [2] sono mancati avversarii, et guadagnati voti pur troppi con l’ultima promotione. Pregaremmo Dio che ci aiutasse, et io fratanto a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li v di novembre M.D.LXXXVJ.