Il cardinale Ferdinando al principe Francesco

Printer-friendly versionPrinter-friendly version

Roma, 14 aprile 1570

Med. 5085, [già num. 117], cc. 230r-231v.

Per lettere di molti da Fiorenza s’era sparso due dì fa et molto affermativamente si diceva che il Serenissimo Signor nostro padre si fusse sposata una giovane gentildonna fiorentina, il che (come suol accadere nelle cose inaspettate) potette ponermi in qualche suspensione d’animo più per non haverne avviso di costà che per altro. Ma Nostro Signore, chiamatomi stamani assai per tempo, m’ha dato ragguaglio particolare di questo successo et consolatomi veramente assai, mostrandomi esservi stato la partecipatione et consiglio di Sua Santità et tali respetti dalla parte di Sua Altezza che noi altri per questo ancora habbiamo cagione di pigliarlo per ben fatto et quietarcene. Alle parole sue amorevolissime risposi che, redundando dalla virtù et fatiche lunghe et gravissime di Sua Altezza tutta la grandezza di nostra casa et di noi altri suoi figlioli, ben saremmo ingrati se non ci contentassimo anco senza amarezza di quel che più le piaccia et che, rendendomi certo in questo convenir la volontà di Vostra Eccellenza, come farà //c.230v.// la mia, poteva Sua Santità levarsi ogni dubio che da questo fatto restassi punto offeso l’animo nostro, il quale, come ha fatto sempre, così senza mutar mai stile, con Sua Altezza insieme s’allegra et attrista secondo la diversità delle cose. Commendò et benedisse mille volte per ciò tutte et due, dicendo che così haremmo da Dio prosperità in tutte le nostre cose et la protettione sua così pronta in tutte le occorrenze, quanto bisognasse sempre.

Di che ho voluto dare conto a Vostra Eccellenza per sua sodisfattione, se ella per sorte o si fusse commossa per questo fatto o non havesse notitia della mente di Sua Santità, la quale in lode di Sua Altezza et dell’opere sue s’estese con parlare molto prudente et degno di christiano principe, sì ch’io hebbi materia di compiacermi assai. Piacciale di farne parte, parendole, a Sua Altezza, ch’io per ciò, oltra la risposta ordinaria, ho fatto quattro righe solo di congratulatione in testimonio dell’animo mio.

//c.231r.// A Pierantonio Comite napoletano farò volentieri ogni favor ch’io possa, come la comanda, et già credo d’havergli dato segno che se lo può promettere sicuramente.

Questi mandati dall’Imperatore par che recusino di comparire in congregatione secondo l’ordine di Sua Santità, pretendendo il consistorio all’esplicatione delle commissioni loro. Ella si lassa intendere di non voler ricevere leggi, ma che si esequiscano gli ordini suoi, né si sa quel che sia per seguire, stando ella molto constante et sendovi chi pure ricorda prudentemente che con i barbari valse più sempre l’arte et il consiglio che la forza italiana. Io, non vedendo che sia da far altro per la parte nostra, starò a vedere per dare conto a Vostra Eccellenza delle cose notabili et pigliar consiglio da quel che segue de lo che possa occorrere per servitio nostro, et fra tanto resto raccomandandomi nella gratia sua.

Di Roma li xiiii di aprile 1570a.

//c.231v.// [Post scritto] Lassavo di dire che Nostro Signore, entrato con me stamani a ragionare di questi motivi dell’imperatore, mi disse ch’io stessi di buon animo che tutto si quietarebbe pian piano con dignità et intera sodisfattione di tutti noi altri et che era avvisato di Germania che in quelle parti era calunniata Sua Santità da maligni di Roma d’havere dato questo honor a Sua Altezza per cavarne, come havea cavatob, in ricompensa una grossa entrata per il signor Michele et la figliola del signor di Piombino per il medesimo. Gli risposi a quello che tanto doveva aspettarsi dalla molta prudenza sua et dalla cura che ella ha del honor di questa Sede et della quiete commune. Et che dell’altra cosa dovrà ridersi, sendo inventione calunniosa di chi vorria non solc nocerle nell’honore, ma nella vita ancora affliggendola con queste novelle, et veddi che n’approvò et n’hebbe piacere.

a Segue Voltisi.
b Come havea cavato ms. marg. ester.
c Nel testo susol, su- barrato.