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Roma, 10 agosto 1571
Med. 5085, [già num. 265], cc. 564r-565r.
Molto magnifico Signor mio osservandissimo,
è succeduto veramente quel che Vostra Signoria si prometteva dell’ultimo spaccio, havendo portato cosa onde il cardinale ha potuto et dovuto sopramodo allegrarsi. Non havendo mancato più volte di dir liberamente intorno a Pirro et ultimamente, quando scrissi, predissi anco il successo, ma certe opinioni prevagliono al dir dei servitori et però è ben che l’esperienza mostri il vero.
Il cardinale risponde del negotio dei sali, ma io ho poi inteso da buon luogo che Cesi l’ha per riuscibile, se non si opponga altro et non debbe oppugnar, come mostrava, con tutto che la corte lo torchi forte, anco per servitio nostro. Talché io mi vo imaginando, per una certa notitia della natura sua, che qualche cosa ci giuochi sotto, solendo eglia a certi respetti abbassare, secondo che il mondo dice, et girare sempre con l’interessi. //c.564v.// Pure il cardinale nostro non lassarà di sbatterlo et divertirlo quanto potrà. Hieri fu congregatione in casa di Chiesa, dove per ciòb si gridò assai.
Hoggi s’è avuto il breve di Castel della Pieve nel quale è mentione della risegna di Bevagna. Penserà hora il cardinale di mandare al possesso dopo il quale di Bevagna non s’impaccerà più.
Morse il vescovo Giambeccaro et, vacando così il vescovado di Sulmona, il cardinale lo chiese per Lomellino, se però valeva almeno 1500 scudi. Sua Santità stette dura, come quella che non debbe mai haverlo veramente ritornato alla gratia sua, ma finalmente s’indusse et lassò persuadere et saria seguito l’effetto se il vescovado havesse risposto con l’entrata come non fece valendo solamente 800c. Ma questo s’è guadagnato: che Lomellino è rimasto obligatissimo al cardinale et de lad dimostratione spontanea, et della dureza rotta in Sua Santità, aprendogli la speranza a qualche aiuto. Il cardinale Pacecco m’ha mostrato la lettera //c.565r.// di quell’Alvaro Bazan, dicendomi parerli di mandarne copia a loro Altezze acciò vedano quanto passa. Io la ho presa et la invio a Vostra Signoria, la quale potrà mostrarla loro, dicendole che Pacecco, come molto amico di costui, mostra haverlo dissuaso di farne parole con don Giovanni o scriverne in Spagna o, se pur vorrà dirlo, non essagerar la cosa, né caricar loro Altezze, et spera che egli la tacerà. Che è quanto m’occorre, et le baso la mano.
Di Roma li x di agosto 1571.
Di vostra Signoria molto magnifica
Affetionatissimo servitore Piero Usimbardi.
a Segue posponer barrato.
b Per ciò interl. sup.
c Come non fece valendo solamente 800 interl. sup.
d Segue una parola barrata.
e Segue da barrato.
Allegato in spagnolo.
“Lettera del Marchese Alvaro Baçante al cardinale Paceco delli 3 d’Agosto data à Ostia”.
Med. 5085, [già num. 265], c. 566r-v.
Lettera del marchese Alvaro Baçan al cardinal Pacecco delli 3 di Agosto data a Ostia.
Ya e scrito a Vuestra Señoría Illustrísima como se mudó de aquerdo en aquel negocio y le suppliqué me hiziese merced de no hazer ninguna diligençia: y ansi no tengo que deçir sino que dejando aqui en ela rio de Roma al Señor Conde de Pliego, me voy a Napoles a poner en orden mis galeras por ganar algun poco de tiempo mientras llega el señor Don Julio. Tomé ante noche dos baxeles de turcos con 45 turcos y diose libertad a los christianos que trayan, y a ocho christianos que muy poco antes havian tomado en dos varcas y bolvieronseles los navios; no dan aviso ninguno de larmada turqesca, y por que del Señor Conde entenderà Vuestra Señoría Illustrísima lo que quisiere saber desa nuestra, en esta no diré sino que en Liorna me embio un recaudo el castellano del duque, bien fuera de lo que yo pensé que en terras suyas se hiziera con galeras de Su Majestad, y por que Vuestra Señoría lo sepa dire lo que pasò.
Y fue que yo di fondo fuera delb muelle, y embie a tomar un poco de plombo que tenia alla la corte de Napoles //c.566v.// y el castellano me embio a deçir con un soldado caporal, que se maravillava de my, como no havia hecho salva. Yo le respondì que mas me espantava yo, haviendo llegado alli Capitana de Su Majestad, no haverlo hecho el. c Dijo mas el soldado, que decia el castellano que, si no tubiera consideraçion a que aquellos principes heran servidores del rey, que me hiziera alargar de allid. Yo le dije que era muy discomedido y majadero y que yo daria aviso a Su Majestad y al Señor Don Julio de la manera che tratavan sus galeras en la tierra del duque. E querido avisar desto a Vuestra Señoría Illustrísima porque se es sus servidor, y tambien por que son materias que podrian algun dia ser de consideraçion y guarde Nuestro Señor.
a El interl. sup.
b Segue moll barrato.
c Segue dij barrato.
d Segue i barrato.