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Roma, 22 ottobre 1585
Med. 5092, n° 90 (c. 221rv), firma autografa
//c. 221r//
Venerdì scrissi con l’ordinario et sabato con il corriere espresso quanto Vostra Altezza harà visto. Questa più che per altra cosa sustantiale, sarà per non lassare venir questo corriere di Lione senza mie lettere. Et saprà con essa intanto come Nostro Signore hieri mi disse d’havere concesso al Re Cattolico [1] la cruciata et lo escusado senz’altra occasione che per l’instanza sua, et con solo obligo di più di contribuire oltra li xx mila soliti, altri xx mila di più ogni anno in tutto 40 mila per la fabrica di San Pietro. Mostrommi stare con molto fastidio delle cose di Francia, et mal sodisfatto de Ghisi [2], ne’ quali ogn’altro pensiero li paia scoprire che della quiete [et] della religione, biasimando molto il consiglio di Gregorio [3] et di Como [4] et di [chiunche] habbi parte in quel negotio, et disse volere per ogni modo pensare d’aiutar il Re Cristianissimo [5], et perciò cominciare a chiamar quella congregatione che scrissi per risolverne alcuna cosa. Le cose di Avignone (se bene non riuscisse poi vero quel che fu detto della perdita di Carpentras) pur travagliano Sua Santità vedendole con molto pericolo in mezo d’Ugonotti, et mal proviste per la scarsità del danaro, che di qua si è sumministrato.
Dissemi di attendere a restringere per accozare un milione d’oro da ponere in Castello, dove stia fermo et intatto fuor che per certi casi, li quali vuole esprimere in una bolla da giurarsi non solo dalli cardinali ma dalli Papi prima et dopo la loro assuntione, come quella di non alienare, sì che siano un quasi fidecommisso, et non avvenga ad altri come a Sua Santità, la quale non ve ne ha trovato a pena dugentomila, se bene al suo antecessore ne lassasse Pio V circa 900 mila contanti, oltra seicento mila in polize. Molto piacere mostrò della venuta de Veneziani //c. 221v// per costà, et maggiore di vedere caminar sì bene alla espeditione il parentado della signora Virginia nostra [6] et resolute finalmente le cose de titoli fra Vostra Altezza e Ferrara, parendole che molti beni possino resultare dal commertio più libero et gustoso, che così sarà ritornato fra loro. Di questo tiene avviso Este dal Duca, il quale ha voluto che se ne dia parte a me ancora, come anco m’ha detto che in Francia cercano d’accordare Pernone [7] con li Guisi, che se succedesse, potria sperarsi maggior frutto di quella pace. E’ finita oggi la cosa di Ruberto Altemps [8], il quale pagarà due mila scudi per distribuirsi in doti et andarà a servir due anni in Avignone, ma però co’l carico dell’armi, che par sarà più honore che pena, con esso andarà il Conte Aniballe [9] per due mesi, che così ha promesso a Sua Santità, che l’ha desiderato per un poco d’indirizo di quelle cose. Io domani farò instanza, che il governo suo di Borgo lo dia Sua Santità al nipotino suo [10], che così me n’ha pregato la sorella [11]. Alessandrino [12] è più che mai in rotta col papa, et con tutto che noi altri lo persuadiamo a andarsela tolerando, non di meno dubito che non bastaremo. Et con questo a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xxij d’Ottobre M.D.LXXXV.