Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 2 maggio 1586

Med. 5092, n° 120 (cc. 319r-320r), firma autografa

//c. 319r//
 
Io detti conto a Nostro Signore, come dissi, della pratica mossa dal duca Ottavio [1] con Vostra Altezza et lo feci nel modo che convenimmo, representandoli indifferente et non esclusiva la risposta di lei, sì che Sua Santità potesse stimare poi sincero quel che movessero con lei et potetti avvedermi, che per questo verso fui inteso, se ben non si passò più oltre nel particolare di Virginio [2], nel quale non fu dubio, che Sua Santità stia posta con tutti li suoi, et che per ciò conforme al primo appuntamento non se ne parli hora.
Mi è poi venuto pensiero che già che questo parentado s’harà da fare, si possa tirare in modo, che con Spagna n’habbiamo grado  et miglioriamo la conditione di Virginio negli honori et nelli utili: et a questo, ho dato principio valendomi di Luigi Doara, al quale non ho detto quel che è passato sin qui col papa, né mostratoli quel che ci habbiamo discorso; ma l’ho ragionando fatto cadere a trattarne come di cosa sua, et che stesse bene per servitio del Re [3], et gl’ho risposto che l’età //c. 319v// et altre cagioni danno tempo d’aspettare miglior occasione. Ma quando il Re pur lo volesse, et lo stimasse di suo servitio, poteva credere che si posporrebbe ogni altro respetto. Come di suo n’ha parlato a Olivares [4], il quale pare che gl’habbia risposto che pur troppo bene staria questo per il Re, et che egli molto bene lo conosce et stima così, ma che proponendolo, et stringendo, dubitava di gravare troppo Virginio et noi. A che dovette Luigi rispondere a proposito, onde Olivares disse di volermene parlare, et che non scriveria al Re, et faria quanto mi parebbe di bisogno. Se mi parlarà, ho pensato di fargliene saper buona, et appuntar che si faccia venire ordine dal Re di scoprirsi con quelle sorte d’offitii che io gli ricordarò, con disegno di richiederlo poi a cosa quasi fatta, et con haver accordato il papa, il quale //c. 320r// dovrà havere caro per servitio di Virginio l’apparenza et autorità di questa interpositione regia. Ho voluto dirlo a Vostra Altezza, come debbo fare d’ogni mio pensiero, et per avvertirla ancora, che come a Luigi non ho più accennato in che io restai col papa, né pur d’haverne trattato con Sua Santità così  ella si contenti di celarglielo, et tenerlo in sé nel modo medesimo et sentire quel che egli le ne dica senza scoprirli né questo pensiero mio né a qual fine et le bacio la mano.
Di Roma li 2 di maggio 1586.

 
1. Ottavio Farnese.