Carlo Sozi da Perugia al cardinale Ferdinando de Medici

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[aprile 1586]

Med. 5092, n° 121/2 (c. 325r)

Allegata al n° 121 (c. 324rv)
 
//c. 325r//
 
Illustrissimo et Reverendissimo Monsignore
 
Desideroso Carlo Sotii di pigliare l’habito di santo Stefano nell’anno 1566 fece le sue prove di nobiltà, et se bene da gl’emuli suoi si faceva difficoltà nel quarto materno, et nel Tribunale ove erano state fatte dette prove che non era l’ecclesiastico, come si richiede; tuttavia dalla benignità del gran Duca Cosmo di felice memoria ottenne d’esser ammesso a detta Religione, et così ne assunse l’habitoa con il quale portato da lui anni 18 in circa, ha la magior parte del tempo su le galee, et al Convento con ogni lealtà, et sincerità servito, di maniera che dopo l’haver in questo servitio tutte le sue facultà paterne consumate, divenne Antiano, et ottenne una commenda goduta da lui un solo anno del 1584 e, perché di grado in grado salendo sperava d’essere fatto conservatore generale, e più volte havea detto a monsignor Toso priore della chiesa, che quando ciò gli succedesse, intendeva havere le stanze ove monsignor predetto habitava spettanti a chi haveva il grado di conservatore la qual cosa essendo dal priore con mal’animo intesa ne successe tra loro inimicizia capitale. In questo mezzo un fratello di Carlo trattando di essere fatto anch’egli cavaliero dell’istesso ordine, scrisse una lettera degna di molta reprensione al Consiglio, et la mandò in mano di Carlo che nulla sapeva del contenuto d’essa, la quale presentata egli se bene era consigliere come è costume degl’interessati, se n’uscì di Consiglio senza intendere che cosa vi si trattasse o deliberasse. Aperta la lettera il vicecancelliero della Religione con molte parole biasimò l’impertinenza d’essa et perché il giorno s’apriva il Capitolo generale, nel quale si teneva fermo che a Carlo fosse dato l’offitio di Consigliere generale, il priore che per gl’interessi già detti ne dubitava grandemente instò che egli dovesse andare prigione con il vicecancelliero della Religione, et il cavaliero Emilio Palmiero, i quali ordinaro che se ne parlasse al segretario Serguidi [1], et all’auditore Caccia, che come informati dell’inocenza di detto Carlo non vollero che se ne facesse altro Ma il priore pur temendo che il giorno che seguiva succedesse a Carlo d’essere fatto Consigliere et a lui d’essere levato delle stanze, ricorse ad una enormissima fraude perché sapendo che il vicecancelliero in Consiglio haveva parlato contro di Carlo, comandò ad un suo servitore che sotto nome di Carlo affrontasse et offendesse il vicecancelliero come fece, sicuro reputando che per le precedenti parole l’imputatione di questo oltraggio fosse data a detto cavaliere acciò quindi gli ne seguisse prigionia, et impedimento ad ottenere l’offitio di consigliere. Né lungi dall’empio suo dessiderio segui l’effetto, perché l’[orante]b constituitosi prigione, se bene si liberò perché non haveva fatta tal’offesa, come quello che né anco all’hora sapeva le parole dette dal vicecancelliero in Consiglio, non solo non potè attendere a procurarsi l’offitio di consigliere ma ancora gli fu comandato che più non portasse l’habito, come al semplice cenno lo depose. Laonde acciò la malignità et malitia altrui non sia di tanto pregiuditio a l’[orante]c di quanto sin qui è stata, supplica esso Carlo Vostra Signoria Illustrissima che voglia impetrarli dal Serenissimo Granduca suo fratello che sia vista la causa sua, et discoperto il vero delinquente della calunnia data a lui, et trovando così  essere  (come s’offerisce ad ogni richiesta di Sua Altezza anco in prigione ripurgare) si contenti di lasciarlo rivestire di quell’habito honorato con tanto suo danno, et dopo sì grave spese cavatogli per l’ingiuste et perverse imputationi de nemici suoi et il tutto riceverà per gratia singolarissima da Vostra Signoria Illustrissima a cui Nostro Signore Dio conceda quando dessidera.

1. Cfr. la lettera n° 40, nota 29.
a L’autore dello scritto non usa mai i punti, solo la maiuscola.
b Nel testo abbreviato or’e.
c Nel testo abbreviato or’e.