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Roma, 28 giugno 1586
Med. 5092, n° 128 (cc. 343r-344r), firma autografa
//c. 343r//
Venne messer Piero [1] con la risposta del signor don Pietro [2], la quale par che ponga pur qualche termine alle sue parole, et perciò mi dispiace meno, se bene l’effetto può patire molti impedimenti anco fuor della sua volontà, ne’ quali pregammo Dio che favorisca la nostra intentione, et la promessa che me ne fa per sua lettera. Al qual fine non lassarò di pensare a quel che possa esserci per lui, se pur altro ci sarà fuor fuor di quel che si vede. Alle cose di quelli Signori Pii assai giovamento faria Vostra Altezza riducendo costì Ridolfo partitosi dalla madre [3], sì che egli tornasse alli studij, et a passare la sua fanciulleza sotto l’ombra di lei in casa del conte Sigismondo [4], o in altro luogo buono, come fu ragionato, et come fu mente del papa. Così si levaria dalle mani di quello abbate Pio [5], per le quali non può, che per la via del senso andare alla sua rovina, et si riporrebbe costì in quella delli studij et della modestia, che al certo in questo pontificato, senza nostra fatica, ma con […]a nostro lo condurrebbe al cardinalato per l’inclinatione grande che gl’ha il papa in memoria del cardinale di Carpi [6], che li diede principio et progresso notabile. Rimuoverebbesi da quelli contratti pernitiosi con Ferrara, a quali fu opinione, che il medesimo Abbate conducesse il signor Alberto [7], et in somma gli si giovaria molto senza travaglio di Vostra Altezza. Io ho scritto a Ridolfo consigliandoli questo ritorno, come havevo fatto qua del fermarsi in Firenze conforme alla mente del papa, mostrandoli questa essere la via del suo bene, et di conservarsi la nostra protettione con volontà di Sua Santità. Et la signora Hipolita pur esorto di compatirlo, et //c. 343v// tirarlo al medesimo per le medesime ragioni et speranze, et non so quel che faranno, che se pur staranno su le medesime ostinationi, facilmente vi metterà la mano il papa, per la cura che ne tiene, per la quale a Vostra Altezza et a me raccomandava le cose loro. Nel governo delle quali (fuor della roba però, che harà suoi curatori et tutori) io non recusarei di dare qualche aiuto d’homini, ma non già se vi stesse la signora Hippolita, del cervello della quale sono troppo chiaro, però starò a vedere le loro resolutioni. Il cardinale Gesualdo [8] harà quanto pretendeva quando sentirà che Vostra Altezza vedrebbe volentieri quel Caracciolo, però questo li avvisarò, lassando del resto a lui la cura. Dovrà Spinola [9] appagarsi della risposta di Vostra Altezza nel particolare delle vene, poiché è conformissima all’honesto, del quale m’ingegnarò per ciò, che resti capace con essa.
Per ancora non si vede resolutione per li ambasciatori cesarei, aiutandoli Farnese [10] con ogni mezo per ponere il negotio in opinione di più dubio che non si credeva, ma et essi sperano, et io credo che resteranno presto e bene spediti, et non lasso di fare in conformità di quanto l’Imperatore [11] s’ha promesso di me, et m’ha comandato Vostra Altezza .
Li vescovi et città sottoposte da Gregorio [12] a Bologna instano per l’annullatione dello arcivescovado [13], et li ferraresi cooperando, procurano che si faccia arcivescovado Ferrara. Sopra ciò ha fatto Nostro Signore una congregatione, nella quale, come anco nell’altra deputata sopra la canonizazione d’un santo di Spagna [14] ha posto me ancora.
//c. 344r// Il signor Camillo nostro de’ Medici [15] desidera la tenenza delli homini d’arme del signor Pirro Malvezi per il cavaliere Girolamo [16] suo nipote hora dimorante in Pisa, et oltra il pregarmi di ricercarnelo in compagnia di Vostra Altezza, ha desiderato ancora che io preghi lei di favorirnelo caldamente.
Io che conosco altri tenenti simili, et conosco il cavaliere, stimo che sia molto bene capace almeno rispetto a loro, et crederei che il signor Pirro non facesse guadagno spernendo, obligandosi così il signor Camillo. Però glien’ho scritto, et prego Vostra Altezza di usarvi dell’autorità sua anco in gratia mia. Nel resto mi allegro dell’acquisto che messer Piero mi riferisce havere conosciuto in Vostra Altezza di sanità per la cura dell’acqua, et la ringratio di ciò che seco haveva passato per mio avvertimento, assicurandola che mera calunnia può stimare ciò che le sia referto di me non conforme al gusto et al servitio suo, poiché contra questo so io che non commessi cosa mai studiosamente, et massime in quelli particolari; come anco può farsele capace, poi che (se bene vuol considerarsi) nessun proposito lo ricercava di per altro, sì perché di quella espeditione di Luigi [17] sapevo il particolare, et non havevo di che sognare.
Di Coltano ho sentito quanto dice il Gerino [18], et visto quanto Vostra Altezza li scrive, et sarò pronto a farne le scritture che la desidera. Et per fine le bacio la mano.
Di Roma li xxviij di giugno M.D.LXXXVJ.