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Roma, 26 febbraio 1569
Med. 5085, [già num. 17], cc. 31r-32v.
Della gratia concessami da Vostra Eccellenza per il fratello di Simoncello le bacio la mano con quello affetto che conviene di favore molto desiderato da me. A Sua Signoria Illustrissima s’è mostrata la lettera istessa acciò dalla cortesia delle parole proprie di Vostra Eccellenza se le rendesse più dolce l’effetto di questo negotio et dovrà ringratiarlane come fra tanto faccio io in suo nome. Dal dispiacere che dà a quello amico la stanza et le amicitie mie di Roma può conietturare Vostra Eccellenza la qualità delle mie attioni. Ben credo io che egli porrà ogn’arte o al meno desideri di vedermi in poca reputatione, ma procurarò talmente ancor io che tutto si convertirà in utile mio quel che egli indirizzi a contrario fine et che al tutto il resto caderanno vane, fuor che a rendermi più circumspetto. Né debbe pensare Vostra Eccellenza che, perch’io vada talhora mescolando qualche honesta recreatione fra le fatiche della corte, cada nell’estremo di tali cose, ma persuadersi che io porti pure continua memoria //c.31v.// dell’obligo che tengo di corrispondere, oltra tanti altri respetti, a quel che lei anchora ricorda dell’opinione (qualunche sia) mossa di me nell’animo degl’homini. Quanto restassero sodisfatti il cardinale Alessandrino et il signor Hieronimo della resolutione del duca mio signore l'havrà visto Vostra Eccellenza da quel che di poi si scrisse al Concino. Questo m'occorre d'aggiugnere per risposta alla sua: ch'io so molto bene che di qua si camina per molte strade et che in questo negotio non credo esser uscito della dritta, poiché, dopo havere replicato che mi parea ricercarsi tardi il mezo del signor duca, non ho fatto che scriverne a Sua Eccellenza.
Perderei di reputatione per Vostre Eccellenze et per me all'hora che a caso impiegassi il respetto loro, che porto nella persona mia, in imprese impertinenti, difficili, et escluse, ma sia pur certa ch’io andarò così ritenuto et consigliato alle cose che forse non haremo né lei da dolersi, né io da pentirmi.
Intendo quanto la dice d’Orsino et concorrerò sempre volentieri nella sua opinione, persuadendomi //c.32r.// che le sia noto il vero, se bene quello ch'io affermai in questo particolare fu non per il mele delle parole sue, ma per parere di quelli a chi ella si contenta ch'io creda et che gli sono intrinsechi, come è Sforza et simili. Gli interessi non sono sempre i medesimi et qua si mutano non le apparenze, ma le inclinationi per ogni minimo accidente, et io credo di non potere errare a dire che, non sendo questo tempo da conoscere veramente gli amici, si debba pigliare di mano in mano dalli homini quella parte che vogliono dare della loro amorevolezza et cercare con la dissimulatione, con la correspondenza et con piaceri di guadagnare il resto.
A questo attenderò io con ogni studio, sapendo che Vostra Eccellenza non lassarà di aiutare la diligenza mia dal canto suo, poiché debbe conoscere che l'havere buona parte in questa corte, cioè più amici et più certi di quel che ci sono, possa in ogni tempo giovare non poco al servitio suo.
Ho sentito molta consolatione del buono stato di salute in che si trovano tutte l'Eccellenze Vostre, et di me per gratia //c.32v.// di Dio posso darle la medesima nuova, con la quale fo fine raccomandandomi in sua buona gratia.
Di Roma li 26 di febraro 1569.
[Post scritto] Il cardinale Santa Croce desidera col mezo mio da Vostra Eccellenza il favore che la vedrà per lo incluso memoriale. Si mostra molto amorevole nostro et è degno che se ne tenga stima, però non posso non desiderare che la lo compiaccia et pregarlane, come faccio, strettamente.