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Roma, 25 aprile 1587
Med. 5092, n° 193 (cc. 495r-496v), firma autografa
//c. 495r//
Della risposta che Vostra Altezza mi fa circa il ricapito pecuniario per Polonia mi potrò servire in evento che durando la pratica di quella elettione, sia per trovarsi Sua Santità ristretta a complire d’effetti quel che volse mostrarne con le parole sue. Il che se harà da essere, non dovranno mancarne modi, come Vostra Altezza ben dice. Già dal vescovo [1] etc. con lettera de’ 4 havevo inteso d’un tal Horatio mandatoli da Vostra Altezza et con altra sua de’ 10 havuto copia della lettera amorevole, che la gl’haveva risposto, et con piacere mio visto quanto egli restasse sodisfatto di lei, et animato in servirla nelle occasioni alla giornata. Et gli risponderò hora in conformità di quel che la desidera, et che richiede il motivo suo, qualunche fusse il sogno significatoli di quelli signori, il quale tutto di fumo, non mi maraviglio che tutto in fumo se ne fusse resoluto nel tempo medesimo che nacque.
Frate Ferdinando [2] è tornato, et io con sommo piacere sento, che di sé lassi costà buona sodisfattione a Vostra Altezza particolarmente, et con questo se ne porti l’odore et opinione buona che la dice.
Il signor Virginio [3] mi scrive la resolutione fatta da Vostra Altezza di ritenersi la persona sua, et a lui lassare la cura della sua famiglia, et il consiglio datoli di trattenerla a danari, et fin qui tutto mi pare che stia bene qualunche cagione se l’habbia mossa, et che non possa se non lodarsi. Ma non mi piace già, che come questo niente gl’accresce di spesa, et di quasi nulla altera la vita et il servitio sua, voglia valersene o egli o altri per allargare le sue pretensioni et domande, come se li convenisse raddoppiare famiglia, et aprire casa formata necessariamente. Vuole un maestro di casa, et questo pare //c. 495v// che sia da dargliene, come cosa necessaria, ma io non stimarei già, che per questo fusse da mutare il Cepparello [4] nel Buonaparte [5], sendo quello servitore più antico, et di fede et diligenza più lungamente provata in quella casa, et per servitio suo nelli ultimi travagli di Padova per introduttione di Vostra Altezza et con mio gusto, se bene mai bene visto da messer Ventura [6], et dalla sua caterva; oltra che d’ordinario non haria da costarli più, et di straordinario forse meno, et io perciò mi sodifarei più nel detto Cepparello. Vuole un altro come compotista, et questo anco stimo necessario et sarà forse buonoa il Sermanni [7] disegnato da lui se bene qua non fu trovato più diligente che li altri servitori del signor Paolo [8]b oltra li quali se bene non lo chiede stimarei buono per la creanza sua qualche cavaliere di garbo per indirizarlo fuor delli termini di pedanteria et della balia, et in questo stimarei bene speso ogni danaro, perché so che è necessario. Chiede assegnamenti di doppia provisione, et io non vedo la cagione, poiché la mutatione de suoi dal tinello alla provisione non li portarà tanto augumento di spesa, che non sia quasi per bastare quel che ha preso fin qui. Però io rispondo che mi mandi un suo disegno conforme al consiglio di Vostra Altezza, perché con esso andarò regolando l’assegnamento. Et perché non le paia forse che io vada così ristretto senza cagione, et approvi più tosto Giannozo [9], che l’altro più bisognoso per famiglia, et non so se meglio o peggio avvezo, le dico che li assegnai cento scudi al mese, de quali a sé solo ha havuto a servire et non ad altri, poiché sua sorella ha havuto il fitto di Baroncelli, et io gl’ho fatto pagare quanto è occorso in conto particolare di tele, lavori, et etiam c donativi, come sa il Cappone [10]. Et non di meno chiede hora messer Ventura al Cappone mille scudi per pagare debiti fatti fin qui, et paghe anticipate (come dicono) per supplire a //c. 496r// >…<d necessità. Et poco poi variandosi fra le repulse del Cappone, me ne chiede Virginio cinquecento in circa, dicendo per pagare chi ha da havere, et per vestire la famiglia, che ne vorrà trecento come dice, et havendo voluto li ministri miei il conto del decorso per ragguagliarlo co’l resto, ha risposto messer Ventura, che per questo nuovo emergente potevano scusarsi questa fatica, sendovi per essere chi haria tal cura. Hora io che non posso assente provedere a quelle cose, et posso dubitare che più tosto si fugga la mia mano, et che quel debito possa havere conseguenze meno buone, et havendo disegnato che il tenere qualche tempo Virginio da fanciullo et non da homo tanto innanzi tempo possa aiutare li suoi distrighi, et il suo buono stato, prego Vostra Altezza che non le gravi di darli qualche forma per una volta almeno, perché io con animo più quieto possa sapere a un dipresso quel che convenga, poiché li mille scudi chiesti, se vi sono debiti, so che né anco a lei sapranno di buono in sì poco tempo et mentre che con li cento al mese fu promesso volere supplire et avanzarne, se non sono debiti, l’haverli domandati, mi piace meno, et la varietà fra li mille detti et li cinquecento in circa chiesti poi dal signor Virginio a me per debiti fatti et spese future, mi dà sospetto, non cadendovi massime le spese della signora che fo supplire in particolare, et quella divisione di conti anco non sta bene.
Tutto potrà ridursi in buon ordine et per una sola mano, ma io desidero che Vostra Altezza senta questo et ponga la forma suddetta, che le ne haverò obligo.
Se il priore Piccolomini [11] piace a Vostra Altezza per suo teologo, ho da contentarmene ancora io, che //c. 496v// altro non voglio che il servitio di lei, ma non posso già consentire se non così con la volontà, et con le parole senza participatione di Nostro Signore, il quale malissimo sodisfatto del Generale, et mal sentendo di lui, et havendo sospetta ogni sua attione, se bene non m’ha prohibito, m’ha però (il che importa il medesimo) in modo avvertito di andar cauto nel confirmare le cose sue, che io non debbo fare se non così; non mi pare già questa cosa di quella sorte che sia per havere pur minima contraditione, sendo molto honesto che maggior sodisfattione se ne dia a Vostra Altezza o come dirò a Sua Santitàe. Perciò urgendo il capitolo l’ho esortato et pregato o di finire l’offitio, o di soprasederne la renuntia fino al nuovo generalato, et questo per gl’inconvenienti che prevedo se lo facesse hora, come ho detto a lui, il quale confessandolo molto bene compatibile co’l servitio di Vostra Altezza almeno per pochi mesi, non si gravarà di cotal peso, che punto non gli impedisce cotesto servitio, et che lassato così potria fare disordini in cotesta provincia pur troppo disordinata, come io sono avvertito da buona parte. Però spero che Vostra Altezza harà per buona questa resolutione mia et sua. Et per fine le bacio la mano.
Di Roma li xxv di aprile M.D.LXXXVIJ.