Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze

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Roma, 6 giugno 1587

Med. 5092, n° 201 (cc. 507r-508r), firma autografa

//c. 507r//
 
La di Vostra Altezza de’ 29 del passato è tutta responsiva, et però non richiede replica per qual cagione io havessi  quasi deposto il pensiero di stuzicarmi il corpo con purgationi, ma solo fussi per nettarmi un poco lo stomaco solamente. Lo dissi a Vostra Altezza con l’ultima mia, alla quale non ho da soggiugnere, perché non è sopragiunto cosa, che lo richieda. Ma havendo co’l rapporto del Lanfredino [1], et con le lettere di Vostra Altezza riconosciuto nell’ansietà che ha della mia conservatione l’amor efficace che io mi prometto di lei, bene la ne ringratio, come di cosa molto stimata da me, et di mia singolare consolatione. Monsignor Canobio [2] sarà forse comparso all’arrivo di questa et non più per la natura che per l’inclinatione sua spero ancor io che Vostra Altezza n’harà sodisfattione.
Montalto [3] si contentarà d’ogni replica nel particolare di Capistrano, et spetialmente di questa, che io li mostrarò essere verissima. Di Spagna tengo lettere dal Battaglino [4] de’ ij di maggio, con le quali presupone altre scritte prima, che dovettono rimanere nello svaligiamento del corriere in Francia; così presuponendo che io habbia sentito che per don Pietro [5] si fecero posti in quella pratica di Cardona [6] per mano di Pierantonio Lonato, che già ne trattava, mi dice che il Duca desiderosissimo della conclusione, haveva passato in Andaluzia per abboccarsi co’l duca di Sessa [7] suo genero, dove il Lonato haveva mandato homo espresso, il quale quanto più tardava di ritorno, tanto più speravano la resolutione del sì, se bene della dote pensavano, che non saria né ricca, né esigibile, cosa che faccia stare sospeso don Pietro considerando la spesa. Etc. Io non so come sia passata la cosa, ma vedo che il Duca, che //c. 507v//  desidera, vuol pur fare desiderare la conclusione, avanti la quale se arrivasse la prima risposta, che io feci, non harei per gran fatto, che nell’animo suo dubio, facesse co’l punto della dote resolutione più conforme al gusto nostro, havendoli mostrato, quanto mi saria piaciuto di trattarlo per li medesimi termini usati con lui, et ricordato quanto migliori partiti sariano altrove, et quanto debbe avvertire di non stabilire cosa, che per ogni respetto pienamente non sodisfaccia a Vostra Altezza. Soggiugne che il Gianfigliazi [8] si tratteneva aspettando l’esito, con speranza di riportarne piena remissione di don Pietro per concludere con che piacesse a noi, se non si concludesse quello.
Sono stato co’l papa questi tre di fuore, et si è passato allegramente. Già dovette Sua Santità votarsi di visitare la chiesa di  S. Antonio di Padova. Però si mostra risoluta di volere dopo le prime acque passare a Loreto, et poi d’Ancona sopra le galere che li verranno di Venezia passare a sodisfare il voto, dopo il quale andarsene a Venezia, et di poi per Bologna et per Fiorenza tornarsene a Roma. Già si tratta della spesa, et ella consente a scudi centocinquantamila, che le dicono alcuni, se bene altri mostrano, che dugentomila se ne spenderanno. Et la spesa si contraria al suo gusto ordinarioa si può credere che contrapesarà con l’altro suo gusto dello andare trionfando. Vuol menar xx cardinali per potere fare consistorio formato, talché sarà una bella confusione. Et Vostra Altezza può prepararsi a sentirne la sua parte, che perciò è bene saperlo presto.
Per distrigare un poco le cose mie, ho disegnato oltra la resecationie d’alcune spese, et altri vantaggi impetrare da Sua Santità quel che ella usa concedere senza difficultà, di potere obligar le mie entrate //c. 508r// benefitiali facendole non vacabili per qualche anno, fra le quali dovendo essere la Prepositura di Prato patronato nostro, ho voluto darne parte a Vostra Altezza, per poterlo fare (come desidero) con buona gratia sua, la quale provata in tante altre occasioni, so che con la medesima amorevoleza concorrerà in questo, come la prego, et per fine le bacio la mano.
Di Roma li vj di  giugno 1587.
 
poscritta Il medesimo obligo vorrei potere fare della parte mia de frutti della badia di San Savino per liberarmi tanto più in un tratto, calculandosi che in questo modo mi torni più il conto, ma questo come ha bisogno di special consenso, o di Vostra Altezza sola, se è unita alla sua mensa magistrale, o del consiglio, se altrimenti, la prego di volermene fare gratia per se stessa, o lassarsene intendere con loro, poiché è […]b semplice che può farsi anco senza incommodo alcuno loro (che hebbono il benefitio da me) con ilc solo risico di quel che potesse avanzare dopo la vita mia, la quale pur debbe credersi più lunga che li pochi anni, che si esprimeranno, et io harò molto obligo con Vostra Altezza.


1. Jacopo Lanfredini, gentiluomo di camera di Ferdinando.
7. Antonio Fernández de Córdoba Cardona y Requesens, V duca di Sessa.
8. Cfr. la lettera n° 58, nota 4.
a ordinario  è posto in interlinea.
b Lacuna di una parola.
c Lettura presunta, la lacuna copre due parole.