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Roma, 3 luglio 1587
Med. 5092, n° 204 (cc. 517r-518v), firma autografa
//c. 517r//
Di Spagna (se bene non tanto minutamente perché non mena la pratica il Battaglino [1]) havevo inteso da lui, che pur si pendeva dalla resolutione di Cardona [2], la quale se bene fusse promessa ogn’hora, argumentava però esso Battaglino dalla natura di lui et di quella casa, che potesse passare di qualche settimane il termine preso. Il che mi commosse tanto, che io con l’ordinario tre dì sono scrissi a don Pietro [3], che portavo grandissimo disgusto, et non punto minor vergogna di cotal trattamento, con altrettanta maraviglia di non sentirlo rimosso interamente, con l’animo di Spagna, dove tanto poco mostravano prezarlo, che li conti d’Aranda [4] et ogn’altro inferiore li preponessero, et il duca di Cardona fusse udito da lui, mentre la seconda pretendeva di burlarlo, la qual pratica io non approvavo per altro, che per la commodità di rendere a lui la prima burla, poiché nessuna necessità lo strigneva quivi, anzi altre cagioni lo ritiravano d’impacciarsi in casa povera, et meno desiderabile. Li proposi di nuovo il partito di questa contessa di S. Angelo [5], mostrandoli, che è giovane di xiiij anni, bella, accorta, benissimo allevata, con madre di molto valore, et con dote, che libera d’ogni intrigo, sarà di 500 mila scudi tutti in Stato bello et cose vive; et di contanti avanzati dalla parsimonia loro. Dicevo che ha recusato il duca d’Alva [6], et perciò lo pregavo a rivolgersi qua, aggiugnendo, che, tentata di ciò d’ordine mio, ce la trovo inclinata, et che sendo di madre spagnola et con tratto et lingua spagnola potrà egli bene dire d’esser casato in Spagna //c. 517v//donde per disostinarlo, prego Vostra Altezza che vi aggiunga la sua autorità, poiché della mia non confido intero profitto, et lo faccia con l’occasione di questo corriere, il quale andando per l’altra cagione che dirò di sotto, ho replicato a lui mostrando che lo spedisco per havere questa resolutione prima che l’occasione ci fugga. Li ricordo anco la parola dataci, di rimettersi a noi se non concludeva in otto mesi, ma però la riduco a preghi miei, a quali prego Vostra Altezza di aggiugnere la sua autorità, come pare che possa fare, poiché s’è con esso dichiarato tant’oltre per honor di tutti. Qui è già più mesi un conte Francesco Scotti che tratta di casare la figliola del conte della Somaglia [7] al signor Michele [8] fratello di Montalto [9], il quale cardinale et la signora volsero che di questo trattassi io co’l papa, et Sua Santità così fatta capace della utilità del partito et del gusto de suoi, l’approvò, et volse che io procurassi che passasse per mano del Re Cattolico [10], con il quale ordinai, che fusse trattato, ma per tardo ricapito delle lettere anco duplicate non ci essendo risposta ancora, et anco per nuovi emergenti ha resoluto il suddetto Conte, che si mandi nuovo dispaccio con corriere espresso, che riporti risposta. In questo ho prestato Simoncino [11] per fare tanto più credere a don Pietro (che non saprà questa pratica, et cagione principale) che lo mando per conto suo, et se li farà anco più verisimile, et harà più efficacia questo offitio se sarà accompagnato di lettere di Vostra Altezza. Hieri Farnese [12] fu a licenziarsi da Nostro Signore per Caprarola et con sé menò Giuliano Cesarino, il quale come ha mostrato sempre Sua Santità per l’amor del padre //c. 518r// et per la tutela vedere volentieri, così ne dette segno all’hora, rivoltandosi a lui, con domandarli come andava fuore, et lassava la casa volentieri, il quale rispose che stava qua volentieri a servire Sua Santità, ma che havendo dato la parola sua a Paolo Sforza [13], et che per complimento non poteva mancare; sopra le qual parole Farnese saltò per fiancoa, dicendo che andava volentierissimo perché l’assenza saria breve, et sperava al ritorno che Sua Santità gl’haria dato moglie, et dovette la forma delle parole accennare della nipote [14], poiché Sua Santità s’ingrugnò, et poi rispose che non haveva moglie da darli, ma che potrebbono pensare loro a suggetti, et che Sua Beatitudine richiesta gl’aiutarebbe, alla qual risposta Farnese restò muto. Sua Santità raccontò poi a Sangalletto [15] tutto questo successo con ordine di darmene conto, et di dirmi parerli, che li fusse convenuta quella risposta, dal qual ragguaglio dice Sangalletto havere compreso che Farnese uscisse brusco dall’audienza.
Del caso di quel vescovo di Bobio [16] ho sentito parlare variamente prima d’hora, dicendo alcuni che egli odiatissimo dal clero et dal popolo suo tutto, havesse chiamato un capo di banditi suo amico, il quale venuto con circa trenta, et non potendo havere danari amorevolmente da lui per suo trattenimento si voltassero alla forza, et li spogliassero la casa, et alla camera non facessero forza sopra l’archibusate, non sperando di trovarvi molto, perché stava malfornito, et era nome che poco prima havesse mandato danari al paese. Altri //c. 518v// anco scrivono essere stata la sua una fintione per migliorare conditioni di chiesa, et d’utile, et altri altre cose dicono di questo, et della vita sua. Ma comunche si sia, et qualunche sib sia qua l’opinione di lui, io trattarò con Nostro Signore come Vostra Altezza comanda, et m’ingegnarò che l’autorità di lei, usata convenientemente gli porti quella utilità che debbe sperarsene et per fine le bacio la mano.
Di Roma li iij di luglio M.D.LXXXVIJ.
poscritta Sono molti et molti mesi, che Vostra Altezza per instanza mia si contentò di concedere privilegio ordinario ad un nipote del dottor Navarro [17] sopra l’opere d’esso dottore, et che egli qui ristampava, et il privilegio ridotto in buona forma non sendosi potuto havere ancora, prego Vostra Altezza di ponervi la mano, et ordinar che sia dato a chi lo sollecita conforme alla gratia fattamene, che le ne harò obligo.