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Roma, 23 maggio 1569
Med. 5085, [già num. 77], c.142r-143r
Ho visto quanto Vostra Eccellenza amorevolissimamente mi scrive sopra il mio ritorno et così mi governarò a punto come lei et il duca nostro signore comandano, né lassarò avanti la partita di far quella sorte d’offitii che ogn’hora vo facendo oportuni a lassar quella memoria che io desidero che vi resti di me et al servitio nostro commune.
Fra tanto mando a Vostra Eccellenza il sunto che la mi chiede del mio debito, dal quale ella potrà chiaramente et brevissimamente vedere l’importanza d’esso et la qualità delle spese et restare capace di quanto gl’ho fatto intendere, cioè che tutte sono cose necessarie, che nessuna si fusse potuto lassar indietro. Ho gran piacere che lei et il signor duca restino serviti di darli un’occhiata et ambedue ringratio del favore che Vostra Eccellenza mi fa di accordarmi li creditori, più oltre di che io non le chiedo, vedendo quasi con gl’occhi quel che la mi dice delle spese sue. All’agente della contessa da Bagno si farà in casa mia ogni commodità et nel resto anco ogni favore, che richiederanno li negotii suoi mentre io starò qua et con molto piacere per quel che la mi accenna del servitio suo.
//c.142v.// La elettione dell’ambasciatore sarà, al mio parere, molto conforme al gusto di Nostro Signore sendo messer Alessandro modesto et prudente, come è, et ornato di tante altre buone parti che lo renderanno grato a Sua Santità, alla quale et a Alessandrino ne farò quella relatione che debbo et per tutto ancora cercarò di imprimere tale opinione di lui che egli n’habbia da ricevere non piccolo commodo nel servitio di Vostra Eccellenza, a cui per fine di questa con ogni affetto mi raccomando in buona gratia.
Di Roma li xxiii di maggio 1569.
[Post scritto] Risposi questi dì passati al Duca Nostro Signore che havevo offerto et harei fatto all’agente dei Fuccari ogni favore et già l’havevo udito et preso memoriale da lui per far offitio con il papa. Ma ragionandone, come soglio di simile cose, con Pacecco, trovai che l’ambasciatore di Spagna, movendone ragionamento a Sua Santità, era stato ributtato su le prime parole con molta colera et con segni d’animo alienissimo dall’intentione loro; che il medesimo era avvenuto poco //c.143r.// di poi a Granvela; et che Pacecco, ricercato da chi poteva comandargli, havea negato d’andar a ricever qualche affronto simile. Feci intender a quell’agente per ciò che ero pronto a farli havere audienza et non s’è più visto. Dalle quali tutte cose ho giudicato non dovermi metter a impresa che tanto offenda l’animo di Sua Santità, impressionatissimo o dal dovere o pure dal suo maestro di camera contra di loro, come il medesimo Pacecco mostra haver già scritto a Vostra Eccellenza, la quale sarà contenta far intendere tutto questo al Signor Duca, acciò non si meravigli ch’io non sia passato più oltre in questo particolare.
Io ritraggo di buon luogo che Sua Santità è malissimo sodisfatta del Doria, particolarmente perché ai debiti tempi non le rende li suoi forzati et che per ciò facilmente faria con altri la medesima conventione che ha con lui sopra li condannati a la galera. Se Vostra Eccellenza stimasse suo servitio entrar ne piedi di lui, si potria trattare il negotio, nel quale haveremo homini che lo condurrebbono sicuramente. Le conditioni debbono esserle note et li prigioni intendo arrivare a 500 l’anno. Commandi la volontà sua.