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Roma, 11 maggio 1570
Med. 5085, [già num. 128], c. 258r.
Per monsignor di Foys non ho poi fatto altro più di quello che scrissi, perché non me n’è stata fatta nuova instanza da suoi, il che solo aspetto, come dissi.
Ho visto quanto Vostra Altezza mi scrive sopra questi andamenti de ministri franzesi de quali, non sapendo ancora quel che debba credersi, starò osservandoli di passo in passo per avvisarla minutamente et lassare la cura a lei di farvi sopra con la prudenza sua più certi commenti et di mostrarmi, come tuttavia fa, quel che le paia ch’io debba avvertire per fare più il servitio suo al quale, stimando io ancora complire che con essi si tenga la via che la m’insegna, per quella camminarò con debito avvertimento di non uscire a cosa che possa valergli se tendessero a fine sinistro et basti a nutrire le speranze dell’ambasciatore se questo lo movesse a studiare di conciliarsi con mezi di soddisfattione et commodi nostri, come egli può stimare queste pratiche, le quali qualunche siano parmi, pur che n’aprino la via fra tanto di divertire con la cura delle cose loro proprie li pensieri di chi con malignità troppo sicura si sforza sempre di procacciarne impaccio, intorno a che io sarò con quella diligenza che conviene, come ho scritto più minutamente pur in risposta al Signor Principe. Et non m’occorrendo altro per questa, resto pregando Nostro Signore Dio che doni a Vostra Altezza tutta quella prosperità che la desidera.
Di Roma li xi di maggio mdlxx.