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Roma, 9 giugno 1570
Med. 5085, [già num. 146], cc. 295r-296r.
Il Camaiano è pure ben visto da Sua Santità tutte le volte che egli va da lei, la quale ancor con molti n’ha parlato con la medesima benignità che facea prima, ma egli con tutto questo se ne sta indietro et pare che gli pesino le occasioni d’andar da lei. Ond’io ho disegnato la prima volta che m’occorra d’essere con Sua Beatitudine procurare destramente che la si degni allettarlo con qualche gratificatione a rappiccare il filo delle speranze et de negotii et sarà con persuaderla che, poi che ella ha animo di tirarlo innanzi per via della preteria, lo introduca con un protonotariato titolare simile a quello dell’ambasciatore di Vostra Altezza sì che a lui possa parere d’essere chiamato. È cosa leggiera et non di manco harà con lui la forza che si desidera, se ben egli non vuole aprirsi interamente.
Del cardinale di Monte non so quel che mi debba credere, non havendo più che tanta notitia di quanto ella mi accenna esser stato sparlato di lui. Le dico bene che qualsivoglia cardinale m’havesse scritto nella maniera che fece //c.295v.// egli con la sua che va in questo piego, io non dovevo per una volta negarli 500 scudi, come mi disse Pacecco ragionandone io seco, et mi saria parso d’esser sforzato a impegnar la cappa se non havessi havuto altro modo di trovarli, convenendo così a ogni cardinale non che a me, che l’ho visto in tanta protettione di Vostra Altezza. Se egli tornasse a domandare di nuovo, pensarei bene di non far cosa che non fusse a gusto di Vostra Altezza poi che le pare spesa gettata via. La congregatione dovette concludere che fusse bene aspettar il principio della dieta prima che si mandasse la risposta all’imperatore, alla quale resolutione par che habbia adherito Sua Santità per molte buone ragioni et per parere di Vostra Altezza, il quale credo che la preporrà sempre a ogn’altro in questo negotio. Io, vedendo che gl’amici concordano nel medesimo ch’io scrissi della volontà ardentissima di Sua Beatitudine verso di lei et destramente fuggono di uscir a particolari per il timore della scommunica, non ho voluto stringer alcuno parendomi un cimentarli con una curiosità più tosto inconveniente che di momento, quando //c.296r.// massimamente ho ritratto che se vi fusse cosa di nostro disservitio posporrebbono a esso ogn’altro respetto più grave.
Il Generalato delle galere passò poi al signor Marcantonio, che domenica prossima n’harà lo stendardo. Et quel che io scrissi del signor Michele se n’è rimasto nelle speranze et disegni de suoi (da quali io lo ritrassi), come gl’avviene di non poche cose. Il cardinale di Correggio bacia la mano di Vostra Altezza della cortesia con la quale mostra d’haver ricevuto l’offitio che fece et della memoria che serba della volontà sua verso lui, colla quale afferma ognhora di non cedere a qualsivoglia in amarla et osservarla.
Al signor Michele hanno dato poi il Generalato della militia dello Stato ecclesiastico con 200 scudi il mese. Con che resto raccomandandomi nella buona gratia di Vostra Altezza.
Di Roma li ix di giugno 1570.