Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I

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Roma, 17 novembre 1571

Med. 5085, [già num. 272], cc. 580r-581v.; c. 584r-v.

Il terzo giorno dopo la partita mia di Fiorenza arrivai a Roma a buon hora et con tanto favor del tempo, che mi trovai spedito del viaggio non solo con intera salute, ma senza stracchezza, talché non mi s’è resa punto grave alcuna occupatione publica o privata, che pure molte et continue n’ho havuto sin qui.

Giovedì mattina fui ai piedi di Nostro Signore con molto mio contento per haverlo trovato con maggior prosperità di salute ch’io l’habbi mai visto et per esser stato accolto da Sua Santità con amore et favore estraordinario; il che, come riconosco più dall’amore suo verso Vostra Altezza che da altro mio merito, così ne ringratio lei, per la quale mi è dato di goder questa sopra molte altre gratie. Le resi la carta di Vostra Altezza al fine della quale Sua Santità tutta allegra disse non haver mai creduto di lei punto meno di quel che la diceva, havendola conosciuta sempre tanto amica del servitio publico et desiderosa del particolar honore et contento suo, dopo le quali parole io //c.580v.// soggiunsi con esteso ragionamento quel che m’era imposto da lei nella prima parte della instruttione et veddi sentirsi con gusto incredibile da Sua Santità, la quale di nuovo replicò che era certissima del contento di Vostra Altezza sapendo quanto l’havesse persuasa questa Lega et stimatala sempre utile et unico remedio dei mali di christianità; et quanto anco dopo la conclusione havesse operato per tutto con i consigli et ricordi suoi. Che non cessava né cessaria di fare ogni oportuno offitio per la conservatione d’essa et per renderla ogni dì più potente et gagliarda a proseguir tanta vittoria et cavarne quel maggior frutto che si potesse et sperava in Dio che dovesse in ciò favorire l’opera sua; solamente temere non dalle cose di Francia venisse qualche impedimento ai disegni suoi per la dispositione et stato delle cose di là et per la qualità di chi vi può. Pure che quivi ancora cercarebbe di poner remedio quanto stesse in lei. Qui soggiunsi io che portavo alcune lettere et notitie //c.581r.// per lei, le quali sperava poterle in buona parte alleggerire l’animo da questo timore et darle consolatione, con l’inditio assai buona di volontà in quelle bande non così contraria al desiderio suo, et che gliele mostrarei con la prima occasione, sendo questa volta andato solamente per baciarle il piede. Mostrò che le vedrebbe volentieri perché non havea desiderio maggiore che veder tolto ogni oppositione et disturbo al corso di tanta prosperità che Dio ne dona. Con questi ragionamenti, i quali hebbero molte digressioni superflue a scriversi, et con quel ch’io le dissi et che la volse sapere con molta ansietà della salute et della cura di Vostra Altezza, stetti molto lungamente con Sua Santità, sempre scoprendo in lei segni più chiari della benignità sua singolar verso la casa nostra. Domani disegno tornare a ponere mano nel resto di quel che Vostra Altezza mi comandò et poi spedirò Farfanicchio con pieno ragguaglio di tutto.

Intanto le dirò che hieri fu fatto Alessandrino legato per Francia et //c.581v.// hoggi con corriere espresso gli si mandano le commissioni. Nel qual proposito ho inteso da monsignor Salviati che Gambara propone un homo suo secolare da precorrere l’andata di Alessandrino a quelle Maestà et insta assai per ciò. Chi sia non so ancora, ma s’intenderà. Parmi bene potere affermare che, havendo dependenza tale, se ne debbe attendere più danno che utile et io per ciò ho pensato d’attraversare. Ma se questa sia la mente di Vostra Altezza et se ella vuole che, giudicandosi a proposito, se ne faccia uffitio anco con Sua Santità, questo desidero intenderlo da lei. Le galere sono a Napoli con la parte loro delle prese tanto smembrata et diminuita che si riduce a nulla, per quanto hieri intesi da Montepulciano, perciò che delle xix che ne toccorono, una non si è trovata, sei ne restorono a Corfù, otto sono a Messina, et delle quattro che sono a Napoli, due ne sono state donate ai cavalieri di Malta dal signor Marcantonio et questo è piaciuto a Sua Santità quando l’ha inteso. Havea // c. 584r. // ricordato et proposto Morone che di tutta questa parte si potriano cavare 40.000 scudi et più oltre era passato a commettere a Piergiovanni Gradi che scrivesse a Genova per trovare compratori. Il che havendomi detto subito esso Gradi, mostrai di maravigliarmi che non se ne facesse motto a Vostra Altezza potendo pure essere che la ci havesse parte, poi che reggeva pur parte delle sue galere su la sua borsa et parendo conveniente vedere anco prima se volesse attendervi lei. Così restai che egli come da sé tornasse a ponere in consideratione tutto questo a Morone et mostrarli che li paresse da pensarvi. Fece l’offitio et Morone approvò et revocò l’ordine di scrivere a Genova, dicendo veramente convenire prima di trattar con Vostra Altezza. Io ho da visitarlo come decano et disegno di dissimular la notitia di tutto questo fatto et lassare cadere lui nella pratica come li parrà, dandogliene solamente occasione dalla lunga. Et in tanto ho voluto ragguagliare Vostra Altezza di quanto //c.584v.// passa acciò possa pensarvi et comandarmi la sua volontà. Resta ch’io la supplichi con quell’affetto che posso maggiore a procurar la salute sua con ogni studio et a ciò la esorti a nome di Sua Beatitudine che lo desidera sopra modo, che l’un et l’altro fo, pregando Dio che la prosperi et raccomandandomi nella sua buona gratia.

Di Roma li xvii di novembre 1571.

[Post scritto] Ho di poi inteso dal cardinale Santa Croce che la persona proposta da Gambara è Camillo Volta, la persona del quale, havendo molte eccettioni, farà anco ch’io le ricordarò dove bisogni per impedire.