Il cardinal Ferdinando al principe Francesco

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Roma, 13 dicembre 1571

Med. 5085, [già num. 282], cc. 616r-619v.

Io seguitai, come harà visto Vostra Altezza, il disegno mio intorno alla domanda della preda perché, sapendo come Sua Santità strettamente habbia interpretato in altro le capitulationi et vedendo che ella non havea mai fatto parola di dare pure uno schiavo, giudicammo, dopo molta discussione di esse, Pacecco et io, che non fussi da fondarvisi, né con esse aspettare altro che esclusioni, et che per ciò fusse meglio, senza lassare la ragione che le cia dessino, andar alla cortesia con l’honesto innanzi et con l’esempio delle usanze, che con sì debole ragione domandare per iustitia. Hebbi la risposta, che Vostra Altezza harà visto, dopo la quale avanti hieri, sendomi occorso per ordine del gran duca andar a Sua Santità, le parlai di nuovo in questa materia et mi parve che conservasse la sua buona intentione poi che, dicendole io il particolare a punto della distributione di don Giovanni, ella replicò che non sapeva se fusse stato per obligo o per cortesia, //c.616v.// ma che saria stato ben vedere le capitulationi di Vostra Altezza con Sua Maestà Catolica, accennando che saria per regolarsi con esse. Io le dissi quel che contenevano et che di queste ancora informarei li medesimi Cesi et signor Marcantonio, et a Cesi ho già dato la copia del capitolo et vedrò che stasera o domane siano insieme per convenire della relatione et poterla poi fare quanto prima acciò da Sua Santità informata si habbia poi quella resolutione che le piacerà fare. Credo che tutte due si sodisfaranno della copia mandatami, ma non saria già forse fuor di proposito se si havesse l’originale stesso, di che mi rimetto a Vostra Altezza. Qua fra prigioni non apparisce quel Francesco fiorentino preso in Orbatello et dal governatore mi si nega che ci sia. Farò opera d’intendere se fusse venuto et si tenesse secreto per procurar quanto Vostra Altezza desidera et le darò avviso, se altro se ne scoprirà.

Feci l’invito al Commendator maggiore, mostrando seco intera confidenza, et //c.617r.// amorevoleza, come la mi ordina. Mi ringratiò cortesissimamente dicendo che era per fermarsi qui qualche giorno ancora et che alla partita per Milano disegna far la via di mare per fuggir gl’incommodi di terra in questa stagione. A che replicando io che anco per mare havea modo di consolar et favorir Vostra Altezza in Livorno, dove saria commodo alloggiamento, rispose che havea sempre ricevuto et riceveva gratie da lei et che in questo passaggio ancora ne goderebbe se li fusse permesso dal commodo della navigatione, mostrando di questo invito molto piacere. In questa ultima audienza, sendo venuto con Sua Santità in proposito della persona sua, mi parve d’accennarle che egli da un pezo in qua, contra quel che soleva prima, s’era mostrato, non so per qual cagione, assai poco amorevole con Vostra Altezza et che per ciò, andando egli mandato a governo tanto principale, da che si poteva conoscere che //c.617v.// fusse molto grato a Sua Maestà, harei creduto che fusse per giovare che Sua Santità fusse destramente descesa a mostrarli il suo buono animo verso Vostre Altezze con farli fede della loro continua devotione verso Sua Maestà et dell’affetione che tenevano a lui, esortandolo d’intendersi bene con esse et fare buoni offitii in tutte le occasioni. Mi promesse di farlo et io seguitai il ragionamento in modo che cadde proposito di dirle incidentemente che questo ambasciatore suo fratello soleva essere ancora egli amorevole nostro ma che poi s’era mutato et lassato infinocchiare da Farnese et suoi seguaci, sì che tutto pendeva da consigli loro, il che Sua Santità consentì esser vero, dicendo che egli era un homicciolo così fatto.

Sua Beatitudine m’ha fatto dire che desidera infinitamente che Vostra Altezza si contenti concederle per qua un corso ritenuto sopra le galere per altri suoi demeriti, //c.618r.// il quale assassinò già un nipote del cardinale Santa Croce, acciò da lui possa haversi li complici di cotal fatto, et m’ha fatto ordinare che io le ne scriva et lo procuri in suo nome con ogni instanza. Lo fo con questa dicendole che, oltra il gratificar Sua Santità, si farà cosa gratissima a esso cardinale il quale parimente m’ha ricerco a esequir la commessione di Nostro Signore con doppia efficacia per amor suo. Però se le piacerà, come spero, di concederlo io le posso affermare che farà grandissimo piacere a Sua Santità et obligarà questo cardinale, che nell'occorrenze nostre s'ha meritato d'essere riconosciuto con maggiori favori.

Al cavaliere don Giovanni de Luna ho offerto ogni mio potere nei suoi negotii et ve l’impiegarò se bisognerà, sì che conosca in parte alcuna non essersi lassato da me quel che Vostra Altezza comanda.

Il vescovo Salviati ne va in Francia mandato da Sua Santità, come dovrà //c.618v.// dir a Vostra Altezza et come io intendo, per veder che si lassi da banda la pratica di quel parentado; si dispongano quelle Maestà a entrare in Lega; et rimuovino l’animo da rompere contra il Re Catolico et metter questo disturbo nella causa publica, di che Sua Beatitudine par che tema, sendo avvertita dall’imperatore che in nome di Francia si facevano genti in Germania, come a me ha detto. Egli in passando dovrà trattar ancora con Vostre Altezze di metterle in Lega. Nel qual caso m’è parso avvertirle, con protesto di secretezab, di quel che m’ha detto Cesi: et è che questi dì che si trattava delli aiuti per l’imperatore et per la Lega in congregatione, Morone disse che da Vostre Altezze si cavariano almeno v mila fanti et qualche buon numero di cavalli. A che Sua Santità rispose subito non credere che, se non s’accommodavano queste cose sue del titolo, ella volesse disarmare //c.619r.// li Stati suoi, ma riserbarsi la gente et li danari per ogni occorrenza di proprio bisogno. Da chec, conclude Cesi che si stia un poco a vedere forse si darà occasione a qualche buona forma d’accordo. Ho voluto che sappino quanto passa per valersene a loro proposito, dissimulando la notitia et l’autore. Che è quanto le occorre et le baso la mano.

Di Roma li xiii di dicembre 1571.

[Post scritto] Scrivendo è comparsa la sua de’ x alla quale m’occorre dire per risposta che vedrò di pigliare buona occasione per trattare sopra la liberatione di Monte, desiderandola io sommamente in modo che debba riconoscerla da noi.

L’avvertimento intorno al nuovo ambasciatore di Francia m’è stato <grato> et me ne valerò alla giornata. Per mio servitio s’è condotto qua in questa mia venuta rascie et qualche drappo per vestito della mia famiglia, et ori filati per frangie //c.619v.// di paramenti et letti, senza forse mostrarli, passando per arnesi miei, ma non sono tanta quantità che ve ne possa esser d’altrui per mercantia, et tutte nelle casse mie proprie et non in quelle di maestro Pellegrino, il quale se habbia poi fatto altro frodo non so perché, se ben mi dicono questi ministri miei essersene serviti a comprare, come homo intelligente di queste cose, non gl’hanno dato però la cura di portarle, né fattogli patente per cose simili, néd che lo esenti dalle visite et pagamenti, se non per lo Stato ecclesiastico, dove le cose mie et de miei vanno libere. Però io non so dir altro, se non ch’io le dirò et chiederò sempre ogni gratia che mi bisogni per le cose mie con quella sicurtà che la mi dà, et che dei miei chie s’assicura a errare sia pure mandato di pari con li altri senza respetto mio. Il cardinale Santa Croce credo si contentarà che il corso sia esaminato in Fiorenza, havendolo io assicurato che quivi sarà servito bene, però Vostra Altezza potrà farmi sapere se vuol farvelo venir et quando, ch’io all’hora le dirò la resolutione di Sua Santità et la sua.

a Ci interl. sup.
b Segue che barrato.
c Segue egli barrato.
d Per cose simili, né interl. sup. con segno dir richiamo.
e Chi manoscritto superiore.