Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze [1]
Roma, 18 novembre 1585
Med. 5092, n° 93 (cc. 235r-236r), firma autografa
//c. 235r//
Dell’andata del signor don Pietro [1] a Spagna non accaderà dire altro, poiché egli mi scrive d’haverla resoluta con buona gratia, et licenza di Vostra Altezza; et della amorevoleza delle risposte, et offerte sue mi si mostra tanto contento, et consolato, che non saprei dire più. Piaccia a Dio che sia servitio di tutti, et honore suo, come può sperarsi, et ch’egli, come harà in ogni cosa il favore di Vostra Altezza così se ne vaglia con quella mira, come desidero.
Il papa nella causa del signor Paolo [2] ha parlato tanto bene, che non debbiamo credere cosa diversa, ma assieme (sic), che gli s’è andato mostrando tanto d’intrighi, che può scorgere poco di libero, et non manchiamo Cesi [3], et io, di conservarli questa opinione. Molte cose si discorrono sopra li prigioni, et bene molti co’l discorso arrivano dove caminiamo, ma Sua Santità mentre non vuol scoprirsi a pena con noi, leverà l’occasione ad altri d’intrigarsi in consigliarla in contrario più che tanto, et in ogni evento già pensiamo di non lassare correre le cose alla sentenza, ma prevenirla in qualche forma buona, et quando sarà stabilita, si consultarà con Vostra Altezza per haverne la approvatione sua, et gli si dirà all’hora quel che vi bisogni l’opera sua. Al vescovo di Sarsina ho già risposto, et lassaremo trescare fra loro, poiché non è cosa che prema a Vostra Altezza. Ruberto Altemps sarà poi venuto //c. 235v// a farle reverenza, et io già la ringratio di quanto hara fatto con esso. Con l’abbate Taris [4], et col signor Marcantonio Sauli trattarò come Vostra Altezza desidera, et già me ne sono lassato intendere con loro sodisfattione. Da persona che volentieri vedrei consolata son pregato di raccomandare a Vostra Altezza il desiderio di questo Ugolini dall’Aquila, con pregarla di dispensar con essi, poi che il defetto notato nelle provanze non tocca la casa né la persona loro, ma li quarti materni, suppliti dall’essere però nobili nella patria loro. Se potrà farlo, io glien’harò obligo. Et per fine le bacio la mano.
Di Roma li xviij di novembre M.D.LXXXV.
Poscritto Travagliatoa, et allegrato grandemente m’hanno li avvisi venutimi questa sera di costà, quello per il male sopragiunto a Vostra Altezza questo per la quasi liberatione, che sarà poi stata compita dalla medicina presa, ond’io quanto mi doglio con lei di questo accidente, altrettanto et più m’allegro del buono stato in che restava d’effetto, et anco di speranza //c. 236r// migliore, et la prego a pigliare questo ricordo per procurare sua salute secondo il bisogno, importando a tutta la casa nostra quanto può considerare. Etc.