Il cardinale Ferdinando al duca Cosimo I [1]
Roma, 3 febbraio 1569
Med. 5085, [già num. 10], cc. 18r-19r.
Monsignor illustrissimo Pacecco, l’ambasciatore et io, havendo molto ben considerato quel che si poteva et doveva intorno alla reintegratione che Vostra Eccellenza vorria trattare del signor Paolo Ghislieri, ci risolviamo che dal parlarne non possa resultare né molta sodisfattione a Sua Santità, né alcun commodo o acquisto a noi, perché et ella lo scacciò con sdegno et con termini sì gravi che, per questo et per stimar meglio collocata altrove l’affettione sua (come si conosce), non udirebbe senza stomaco questa pratica di ritornarlo qua. Né dalla parte nostra si potria usare maniera così destra che non desse ombra a Alessandrino, non sendo credibile che egli, il quale, unito col secretario, con ogni studio cerca di tirar innanzi i fratelli, havesse piacere che si procurasse di ricondurre qua chi sempre ha voluto emular seco et non sospettasse dell’animo di chi menasse questa pratica. Il che, sendo così, contrarierebbe a quel che Vostra Eccellenza mi propone et ch’io tuttavia ardisco di ristringermi seco et più tosto m’alienarebbe l’animo suo, il quale //c.18v.// fin qui trovo molto propenso all’amicitia nostra. Et li verremmo a perdere forse senza speranza d’acquisto, o al meno tale che debba muoverci a arrisicar questo, perché, quando pure la cosa s’ottenesse (in che apparisce grandissima difficultà), niente havremmo noi guadagnato all’incontro per la qualità dell’homo. Così ne persuade la notitia che fin qui si ha degl’humori. Cercarò d’haverla più particolare per vedere se vi fusse forma da sodisfare all’uno senza dispiacere all’altro, ma dei modi pensati sin qui nessuno mi piace, perché né da Alessandrino, in qualunche modo si domandi, s’è per ritrarre veramente l’animo suo, né andandosi poi o veramente prima direttamente a Sua Santità, si può promettere tal secreteza del negotio che egli non risappia questo offitio et se ne sdegni. Però, fra tanto ch’io farò bene esplorare et scoprir il paese, Vostra Eccellenza sarà servita pensare di nuovo a questo negotio et scrivermi quanto le prema et quel che risolva, che tutto esequirò //c.19r.// con quella maggior destreza che saprò. Messer Nofri è stato da me a lungo più d’una volta et lo vedrò volentieri et chiamerò spesso scoprendolo, quale ella mostra stimarlo, amorevolissimo nostro. Che è quanto mi occorre et a Vostra Eccellenza con tutto il core mi raccomando.
Di Roma li iii di febraro 1569a.
a Annotazione autografa di Cosimo I: “Che non se n’affatichi più”.