Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze [1]
Roma, 6 settembre 1586
Med. 5092, n° 148 (c. 394rv), firma autografa
//c. 394r//
Hiersera scrissi a Vostra Altezza quanto harà visto, sono stato poi stamane all’audienza, nella quale non ho cosa notabile, se non che correndo il proposito delle dieci galere, che Sua Santità vuol’armare, ella si pose a girarlo con molte parole, che parendomi mirare a infilzarmi in quella congregatione, non mi parve mai di lassarmi giugnere, poiché so, che ci ha da essere sempre da dire, et da gridare, et io non voglio questi intrighi. Mostrò qualche disegno d’havere de gusci di costà da Vostra Altezza dicendo haverli detto un cardinale che ella armando quattro sole venderia il resto come s’era fatto altra volta. A che io replicai che questo cardinale sognava, perché Vostra Altezza come né tampoco nostro padre non haveva mai venduto galere, anzi né anco li vasselli presi, ma sì bene talvolta dato via qualche schivo vecchio, convertendo in altri utili il prezo loro, et che n’armava quattro sole, perché più numero li pareva spesa inutile, et mi tenevo sempre lontano da darle parole di speranza, lassando la cosa intera a Vostra Altezza se pur sarà richiesta, che per ciò glielo dico. Già spinto da Rusticuccio [1] trattai a Vostra Altezza della gratia che desiderava per Giovanni da Fano //c. 394v// et havendomene chiesto memoriale con segni di buona volontà, hora glielo mando, poiché prima non me l’ha dato, dicendole che tutta la sua pretensione è di levar il preiuditio, et tornarle in gratia, ma della servitù non trattano, mostrando volersene egli stare a sua casa, però glielo raccomando et le bacio la mano.
Di Roma li vj di settembre M.D.LXXXVJ.