Il cardinale Ferdinando al principe Francesco [1]
Roma, 10 febbraio 1569
Med. 5085, [già num. 15], cc. 27r-28r.
Io lassavo venir questo ordinario senza mie lettere non mi restando da dire oltra quel che scrissi hieri, ma essendomi poi stata resa a notte la di Vostra Eccellenza de’ 7 si può dire nata nuova materia di scriverle con questa occasione. La ringratio di quanto m’offerisce cortesemente in honore delle mie raccomandationi et mi asterrò più che potrò da proponerle cose che non mi si mostrino degne della gratia sua. Nel qual proposito torno a supplicarla di quel che altra volta le richiesi, cioè che le piaccia di accettare al servitio suo il fratello del cardinale Simoncello, persuadendomi, per quel che ella in risposta mi scrive, che non habbia a dispiacerle questa domanda et sapendo che utile sarà l’effetto alle cose nostre, poiché con nessuna cosa si può meglio confermarci l’animo di quest’homo che con mostrare d’aggradire la volontà che ha di insinuarsi con noi. Et conosceranno anco gl’altri che ci portiamo gratamente con chi s’è reso talvolta ossequente alle voglie nostre. Io certo ne harò molta consolatione et come che il frutto di quest’opera sia commune vorrò però riceverlo con particolare obbligo da Vostra Eccellenza.
A monsignor de Grassi darò la lettera di Vostra Eccellenza et farò l’imbasciata che la mi //c.27v.// commette, la quale so che gli sarà di molta consolatione, dovendosi egli trovar non poco travagliato d’haver attaccato la battaglia con avversario sì potente, et (quel che debbe premere più a Farnese) con havera mostrata la via, non prima tenta da altri suoi pari, di procurarli così tanti affronti.
Egli è homo da bene et molto amorevole nostro.
A Farnese è tanto grave la venuta mia et il vedermi così amorevolmente congiunto Alessandrino che ciò l’ha fatto ritirar sotto pretesto di chiragra et, non meno per ciò che per dar luogo alla mala sodisfattione del papa et provedere con la presentia a disordini et discordie di casa sua, disegna in breve di passar a Parma.
Nostro Signore m’ha dato la badia vacata in quel di Pisa per morte del vescovo Ardinghello, la quale m’è stata cara più che per la rendita, per la dimostratione fatta da Sua Santità et nel provedermene spontaneamente et nell’aggiunta di parole amorevolissime. Parimenti, non richiesta, ha dato al Ciregiola mio creato un oratorio costà alle Tavernelle, vacato //c. 28r.// per la morte medesima, accompagnando la gratia con molti segni dell’amor suo verso di lui, quel che ha anco accumulato il contento mio, amandolo come richiede la sua buona qualità.
Non potendo io, per non haver ordini sacri, dare il pallio a Orsino mandai a supplicar Sua Santità che ad altri desse questo carico. Ella gratissimamente rispose che lo commettessi io in suo nome a qual cardinale mi piacesse. Onde presi espediente di dir a Orsino che si eleggessi uno a suo gusto, di che egli ha mostrato molto piacere accettando questa offerta mia. Che è quanto ho da dirle con questa, et a Vostra Eccellenza mi raccomando.
Di Roma li x di febraro 1569.
[Post scritto] Il cavaliere Saracino darà a Vostra Eccellenza et a Sua Altezza le candele che Sua Santità m’ha dato per loro, che così gl’ho ordinato, inviandogli tutte insieme quelle che ho avuto a questo effetto.
a Con haver Ms. interl. sup.