Il cardinal Ferdinando al duca Cosimo I [1]
Roma, 19 aprile 1569
Med. 5085, [già num. 59], cc. 104r-106v.
Ho ricevuto con la di Vostra Eccellenza de’ 28 passato la nota dei beni della Badia di S. Remedio et volendo sempre obedire ai cenni suoi mi contento di quanto la mostra piacerli dell’affitto di Alessandro de Medici tanto più volentieri, quanto è più chiaro il commodo che fermo et accomodato egli riceve dalla mano di lei, la quale per ciò presuponga il negotioa dalla parte mia, come la desidera a sodisfattione di lui.
Morone gli bacia la mano della pronteza che la mostra particolarmente in gratia sua nel negotio di quelli signori della Mirandola et dice che, havendo poi ben considerato quanto io li havevo replicato et che ella hora prudentemente risponde, havea di già scritto per spingere una delle parti a muover la pratica con lei, alla quale tornarà a darne fastidio, secondo la risposta che n’harà.
In questa Ruota s’è trattata una causa di certa pensione d’un cavaliere di Santo Stefano //c.104v.// per ordine dato da Nostro Signore a reclamatione della parte, nella quale, non potendo nascere sententia se non contraria al commodo d’esso cavaliere et pregiuditiale ai privilegi di quell’ordine tutto, è parso a monsignor Verallo, molto mio amorevole, procurar, di consenso di tutta la Ruota, che si sopraseda finch’io possi farlo intendere a Vostra Eccellenza et sapere quanto le occorra sopra questo caso, del quale, affinché la resti meglio capace, m’ha dato la qui alligata informatione dalla quale ella possa pienamente comprendere lo stato della causa, i motivi, et la resolutione che si tirano dietro, se altro non si mostri in contrario o non vi si fa qualche provisione non tanto per questo particolare, quanto per molti altri che restariano dannificati da cotal decisione della Ruota. Vostra Eccellenza con la sua prudenza vi pigliarà quello espediente che giudicarà più suo servitio et io esequirò con quella diligenza che debbo se alcuna cosa le occorrerà di commandarmi intorno a ciò. Non lassando fra tanto dirle che, se le pare da trattare //c.105r.// il negotio per via d’accordo, non vi mancarà modo da fermarlo convenientemente senza cimentar quelli privilegi per hora. L’arcivescovo di Siena mi dice d’essere strettamente pregato di stampare un libro di Commentarii di Pio II delle cose successe nel suo pontificato di molto utile notitia a questa corte, né volerlo fare sinché sopra alcuni particolari della casa nostra et di cotesta città non sappia se a Vostra Eccellenza occorre aggiugnere, levare o correggere alcuna parte con annali che siano appresso di lei, alla quale per ciò m’ha pregato ch’io mandi gl’allegati fogli continenti quelli luoghi. Pregola in gratia sua a risponderne quanto gl’accade acciò egli possa tirar innanzi la sua impresa, qualunche sia.
//c.105r.// Ricordandomi del desiderio che Vostra Eccellenza più volte m’ha mostrato havere di promovere messer Mario Bovio al Quarantato di Bologna, non ho mancato questi dì passati, instando la vacanza per la morte del quaranta Pellegrino, fare opera di impetrarli quel luogo da Nostro Signore, al quale (trovandosi solo //c.105v.// a Porto per sua recreatione) mandai l’abbate de Rossi con una lettera mia in credenza della quale havendo egli esposto quanto teneva in commessione li rispose amorevolissimamente Sua Santità non havere saputo ch’io desiderassi questa cosa et per ciò increscerli d’havere, come havea già un pezo, obligata la parola sua al Grato, ma che alla prima occasione mi consolerebbe in ogni modo, pur che la vacanza non fussi in quelle case principali. Et questo ben tre volte replicando volse che mi riferisse et ha poi confermato a me quando la n’ho ringratiata. Ho avuto tanto più piacer dello acquisto di questa promessa, quanto dicono presto potersene sperare lo effetto, di cui verrà honorata quella casa tanto affetionata al servitio di Vostra Eccellenza, alla quale non havendo che dire oltra la salute mia, resto baciandole la mano con pregar Dio per la sua prosperità.
Di Roma li 19 di aprile 1569.
[Post scritto] Ho di poi ricevuto le sue delli xi e xiii con l’ordine di procurare la licenza di stampare costà il breviario nuovo //c.106r.// et la commissione di riformar le monache di San Paolo. Di questo ho parlato a Sua Santità et s’è ordinato il breve che verrà con le prime occasioni. Di quello non è parso di far parola perché tocca l’interesse del popolo romano al quale, restando anco in debito per questa stamperia, Sua Beatitudine non vorria pregiudicare; oltra che potrà ottenersi dal Manutio questa licenza con un poco di compositione nel modo medesimo che l’ha ottenuto la Fiandra et Venetia, il che però non si tratterà senza nuovo particolar ordine di Vostra Eccellenza.
Disegnando il vescovo di Spoleto risegnare una sua badia al signor Mario Orsino nostro, io parlai a Nostro Signore per risolvere le difficultà che vi erano della reservatione de frutti, ma maggiori per la Croce di Santo Stefano. Mostrò d’alterarsi Sua Santità che un religioso d’un ordine aspirasse et chiedesse i benefitii d’un altro ordine. Pure finalmente (se bene non mi fece assoluta promessa di passarla) si quietò alle repliche mie, la somma delle quali fu che cotesta non era frateria veramente, né anco religione fatta per privare alcuno del suo, ma eretta et dotata da Vostra Eccellenza delle sue entrate, et che il signor Mario più per far servitù //c.106v.// a Vostra Eccellenza che per aspirar ad altre commende havea preso quella Croce et hora cercava questa badia per tenerla con habito clericale et con altri ordini debiti et non con la spada. Si quietò, dico, et in maniera ch’io non voglio desperare della gratia. Di che ho voluto dare notitia a Vostra Eccellenza, particolarmente per il debito che ho di così fare di tutte le attioni mie.
a Segue per barrato.