Il cardinale Ferdinando al principe Francesco [1]
Roma, 8 gennaio 1570
Med. 5085, [già num. 95], cc.181r-182v; c. 185r.
Con la commodità di questo corriere, il quale questi nostri spediscono a cotesta volta con lettere di Monsignor Illustrissimo Alessandrino, non ho voluto lassar di visitare Vostra Eccellenza per il debito che da me richiede questo offittio in tutte simili occasioni. In tanto le dirò anco che, ragionando questi dì passati col cardinale Sforza di diverse cose, cademmo in proposito del cardinale Lomellino, di cui egli venne a dirmi che già lo trovò per lungo tempo, come l’havevo trovato ancor io nel conclave, molto amorevole nostro et resoluto nella nostra fortuna, ma che dopo questo suo ritorno gli pareva di vedere alcuna mutatione, non però tale che lo chiarisse se da altri ci fusse stato rubato. Et per ciò mi persuase che, sendo esso in molto bisogno, io li donassi fino a 200 scudi, i quali con la cortesia delle parole, quando pure si gettassero, non saria fatto gran perdita, se lo ritenessino nella sua antica inclinatione, utilmente si saria usato una gran carità. Per questo ricordo, giudicando complir così al nostro servitio, li mandai stamane li suddetti danari per il mio segretario, accompagnandoli di parole che dovessino piacerli non meno che il dono istesso. Egli si estese largamente in riandare quel che //c.181v.// più volte haveva detto a me della sua affettione verso la casa nostra et mostrò che, se ben era grandissima la sua necessità, non però per questo, ma per non farmi offesa, accettava questa cortesia da me, simile a cui né da altri gli erano state usate, né l’accettarebbe ancora, ringratiandomi con incredibile affetto con dire che haria frequentato la casa mia se, per la notitia che ha del costume della corte, non havesse temutoa che da questa sua necessità si fusse cavata una coniettura che egli mi si fusse dato in preda, ma che da hora innanzi voleva essere meco talvolta alla domestica et in tutti i modi mostrarmi che è qual fu sempre resolutissimo nell’amicizia nostra. Crederò che questo fatto, come mira a fine di nostro servitio, così piacerà a Vostra Eccellenza, sapendo io molto bene che non le pesano li danari bene spesi, i quali usati così furono sempre nella casa nostra instrumenti di maggior potenza et grandezza. Signor mio, il numero de bisognosi è hoggi grande in questo collegio et pochi o nessuno quelli che soccorrino altri con le loro facultà. Et se bene per una certa regola pare che gl’amici fermati per questa via non debbano esser fermi, //c.182r.// tuttavia sendo grande la forza de benefitii dove sianob mescolati con la dolceza che si usaria et, considerando io che degl’amici parte non n’habbiamo per poca cura, et altri ce ne disvia l’invidia delle nostre prosperità dove a nessuno giovino et si communichino, ho pensato che molto utilmente saria impiegato in questa sorte di distributioni qualche scudo, anzi tanto più necessariamente quanto più trovo li avversari questo anno cresciuti di forze, et che quello che ha goduto Pacecco solo tanti anni, hora che egli non ha bisogno et l’ha lassato, bastaria per trattenere con amorevolezza et larga dimostratione secretamente al meno sei cardinali, sì che nelle occasioni trovaremmo poi più homini et più prontic alla volontà nostra che, per dirla alla libera, non habbiamo trovati et non habbiamo sin qui, i quali, con addolcire le voci dannose de maligni et non con aggravarle et consentirle, non sariano inutili alle cose nostre. Et io harei molto più caro di veder quelli danari volti a questo uso che alle proprie mie commodità et all’hora mid stimarei veramente fratello di Vostra Eccellenza et figliolo del Gran Duca nostro Signore //c.182v.// quando per lei mi fusse dato di gettare in questo modo semi di così buon frutto, come esce dalla virtù de benefitii. Però, havendo le cose di qua tanta coniuntione con le nostre che non ci sia se non molto desiderabile l’haver buona parte negl’animi di questo collegio, ho voluto passare tutto questo con Vostra Eccellenza, la quale se nei motivi miei non scorgerà forse tutta quella prudenza che desiderasse, vi troverà sempre quel medesimo zelo verso le cose sue che vi habbia lei stessa.
Oltra gl’altri fini di Sua Santità nel creare Sforza legato di Bologna, tutti chiaramente utili per la qualità del suggetto a questa Santa sede, uno è stato di munir et assicurar quelle frontiere nelle quali (et ciò m’è detto con protesto di secretezza) porta ordine di fabricar una fortezza al confino di Modena et passar per Fiorenza a effetto di consultar con Sua Altezza et pigliar da lei architettori buoni et fideli. Per questo già esser rimessi in Bologna 30 mila scudi et il resto doversi supplire con l’assegnamento de sali, di che ho voluto darle conto, acciò sappino avanti la venuta di Sforza quel che egli porti.
//c.185r.// Egli partirà mercoledì con la posta a cotesta volta, havendo di qua per la Romagna inviato il vicelegato con il resto de suoi. Che è quanto mi occorre et per fine a Vostra Eccellenza baso la mano, pregandole ogni prosperità.
Di Roma li viii di gennaro 1570.
a Temuto ms. interl. sup.
b Segue un parola barrata.
c Segue che barrato.
d Mi interl. sup.