Il cardinale Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 7 aprile 1570
Med. 5085, [già num. 113], cc. 219r-220r; c. 223r-v.
Ricordandomi io che uno de fini principali che mossono Vostra Altezza a volere ch’io venissi a questa corte fu la volontà che ella haveva ch’io escissi alla notitia degl’homini et a Nostro Signore fussi un testimonio vivo della devotione sua et di tutta casa nostra verso Sua Beatitudine et questa Santa sede, mi pareria nell’una cosa et nell’altra defraudar apertamente la sua intentione, se quando se ne porgono le occasioni io non ne mostrassi effetti conformi. Però ha da sapere Vostra Altezza che, sendo opinione assai constante fra quelli che partecipano de negotii et penetrano l’intrinseco di Sua Santità che il legato resoluto di spedire con questi aiuti contra turchi fusse per essere un cardinale, si mosse Cornaro a offerirle la persona sua per cotal servitio con honorata compagnia d’homini per esperienza utili a esso et a pregarla che accettasse l’offerta, lassandosi intendere che non voleva che la Sede apostolica ne sentisse spesa o graveza alcuna, ma che a tutto supplirebbe con la borsa propria.
Sendo venuto questo alla notitia mia, io giudicai che per mostrare la suddetta volontà et la pronteza //c.219v.// che per il grado ch’io tengo debbe conoscersi in me alle attioni honorate et utili a questa Santa sede, come è questa, mi fusse di carico il tacere massimamente movendosi altri. Et per ciò, consultato tutto con Alessandrino et col secretario Rusticuccio, me n’andai a pregare il cardinale Montepulciano che in mio nome fusse da Nostro Signore et le dicesse che, obligando Vostra Altezza et me li grandi honori et gratie che ella ha fatto et fa tuttavia alla casa nostra a non havere nella persona mia, come non ha nelle altre cose, mira più principale che il servitio et la sodisfattione sua, non sapevo quando mai più fusse per porgermisi di mostrarglielo occasione così bella, come era la di questa impresa, sendo come degna della bontà sua singolare, abbracciata da lei con affetto santissimo et efficace; et riguardando della maniera che fa il servitio comune della Republica Christiana, il quale so esserle a cuore sopra tutte le cose, et a cui io tengo et per natura et poi per elettione obligato la vita istessa. Però che l’havevo pregato a proponerle la persona mia per questo carico et supplicarla in mio nome che per accumulare le gratie continue che ne fa, l’accettasse et si persuadesse che, et per qualità degl’homini di compagnia, et servitio mio, nessuno le saria utile più di me et per il debito che habbiamo di spendere a honor suo le facultà ancora, sperarei meno di qualsivoglia altra doverle esser grave la persona mia. Che la mia età, se bene assai fresca, non dovea esserle cagione di non concorrere in me poiché, qualunche cardinale ella mandasse, nelle cose militari havria bisogno del consiglio altrui, sendo in tutti per la professione contraria sì poca esperienza che per se stessi non bastariano a reggersi et nelle resolutioni et esecutioni crederei di governarmi di maniera che Sua Santità non havesse a pentirsi di havermi favorito.
Recusava Montepulciano di far questo offittio per rispetto di Cornaro, mostrando che il medesimo dovea ritenere me ancora da questo proposito. Ma io allegandogli all’incontro che a Cornaro non dovea mai ragionevolmente dispiacere che un simile concetto fusse venuto nell’animo //c.220v.// a me ancora et posto a effettoa, poiché il suo né m’era stato conferito da lui, né mi era portato da voce pubblica sì che io non potessi dissimularlo, lo strinsi a farlo in ogni modo come poi seguì. Il ragguaglio datomi del successo fu che Sua Santità l’ascoltò gratissimamente et con volto lieto quanto mai habbia visto commendò et la volontà di tutti noi, et la mia particolare come degna di figliolo nato da Vostra Altezza con parole honorate et dolcissime. Et volse che mi rispondesse che l’animo suo era di mandare a questa espeditione un prelato honorato et proportionato quanto potesse trovare al bisogno d’essa; che la qualità de tempi et delle cose che vanno atorno li fa bene credere che non habbiano a mancare occasioni nelle quali possa impiegarmi con honore; et che al tempo conoscerei se Sua Beatitudine habbia aggradito et stimato questa mia pronteza, della quale in tanto mi commendava et ringratiava quanto le parea richieder la ingenuità dell’animo mio. Et questo passò seco con molta humanità, come ho detto. Parerà forse a Vostra Altezza che //c.223r.// io non havessi dovuto aprir ad alcuno questo pensiero, non che esequitolo senza partecipatione et consiglio suo.Tuttavia, sendo nato in tempo che per ogni poco indugio mi si mostrava che haria perso la sua stagione et versando in quella sorte di cose le quali tanto mi convengono, mi risolsi non poter se non piacere a Vostra Altezza che in ogni evento io havessi dato questo saggio di me. Se in alcuna parte le pare ch’io habbi mancato, la supplico a escusarmi et scrivermi il parere et la volontà sua, sì che io ne resti instruttob per simili o altre occasioni che, come questa, non aspettassino tempo; ch’io per ciò et per il debito che ho di significarle ogni particolare delle attioni mie, poiché per altro non era necessario, ho voluto darlene questo ragguaglio.
Se ben io sono informato di quel che scrive il nuntio di Germania sopra questi gentilhomini che sono in viaggio per qua et dovranno presto comparire, mandati dall’imperatore, non di meno, havendosi preso cura il Camaiano di scriverne ogni particolare et Delfino ancora, io mi rimetterò a quel che ella ne intenderà c//c.223v.// minutamente dalle lettere loro, aspettando che la mi comandi se alcuna cosa accaderà ch’io facci per servitio suo.
La Santità di Nostro Signore dovette pregar Vostra Altezza a honorare un fratello del Sangalletto del grado di quarantotto et haverne per aventura o promessa o tale intentione da lei che sia stimata della medesima forza. A me vien fatto instantia non di sollecitarla, se ben la prestezza accrescerebbe la gratia et è desiderata, ma di ridurgliela in memoria et di mostrarle che a me ancora sarà di molto favore; quel ch’io fo con questa, per fine della quale, non havendo da dirle in risposta o per altro, con ogni affetto le mi raccomando in gratia, et le prego ogni prosperità.
Di Roma li vii di aprile1570.
[Post scritto autografo] Il fratel di Sangalletto è di età di 50 anni, huomo d’ingegno et di giuditio, et questo sia per information di Vostra Altezzad.
a Et posto a effetto ms. marg. ester. con segno di richiamo.
b Instrutto ms. interl. sup. con segno di richiamo.
c Intenderà ms. interl. inf.
d Annotazione di Cosimo I a c. 224r.: “Concino fa veder tutto al principe e advis[eremo] quanto occorre del Sangalletto quando sarà tempo li farò intender ben io quanto si debbe fare che non sta come lo scrive il cardinale”.