Il cardinale Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 20 aprile 1570
Med. 5085, [già num. 119], cc. 234r- 235v.
Ho visto quanto è piaciuto a Vostra Altezza rispondermi con la sua de’ xvii sopra quel mio motivo et riconosciuto la prudenza et amorevolezza sua insieme, le quali hanno tanto ben potuto scorgere quel che si dovesse in altri simil casi considerare, c[on] che l’haveano posta in sospetto che le medesime cose fussero state passate incautamente da me in questo. Ond’è ch’io le voglia dire per sua sodisfattione che la notitia del motivo di Cornaro non mi venne da parte artifitiosa o maligna, ma sincera, et che desidera la grandeza nostra in Roma et altrove, né mi moveva se nel medesimo tempo non mi havesse detto il secretario la resolutione di Sua Santità essere di non mandare venetiani, et perciò non inclinare a lui. Il pericolo della vita né il travaglio non mi fu in tanta consideratione che mi ritirasse indietro, perché chi stia su questi timori parmi che habbia stimoli d’honore assai deboli et bassi et assicuravami tanto la speranza de consigli et aiuti di Vostra Altezza ch’io non dubitai mai di non poter passare con essi questa attione con honor mio et con giusta satisfattione di Nostro Signore. Tuttavia nell’altre occasioni mi governarò come la comanda et poi che vedo quanta mira ella vuol ch’io habbi alle cose di qua, non lassarò di ricordarle che, sendo grande il numero delli avversari nostri et debolissime le forze che noi gli possiamo opporre, par da pensarvi, mentre habbiamo il tempo favorevole col procurare nuova promotione, //c.234v.// col carezare et guadagnare l’amorevolezza di molti i quali non recusarebbono, anzi volentieri adherirebbono a noi, se vedessero non dico supplire interamente, ma riguardare a bisogni loro con occhio amorevole. A questo supplirei io benissimo per me istesso se bastassero le buone parole, ma non sendo suffitienti all’incontro di altre simili accompagnate con qualche effetto, conviene ch’io lo ricordi a lei et ch’io la preghi non solo a volger l’animo al guadagno nuovo in questo genere, ma alla conservatione ancora di quelli che si sono provati fra quali, havendo io nelle occasioni conosciuta tanta fede quanta ho detto, in Simoncello et hora tanta resolutione che lo ponga in pericolo di qualche danno, la supplico che poi che non si soccorre da un canto alle sue necessità, come egli doveria sperare, non si mostri almeno che lo paghiamo con incommodità et con difficultà di litigii, ma con dolcezza di fatti et di parole in ogni occorrenza, sì che con l’esempio suo gl’altri vengano allettati con l’amicitia nostra et non allontanati dalla disperatione di alcuna commodità. Ho detto altre volte quel che bisognerebbe et hora lo replico dandomene lei occasione per esser scarico in ogni tempo d’haver ricordato a che cammino vadino le cose et qual sia la via di ritirarle.
Piglilo Vostra Altezza in buona parte dal gran zelo che ho della quiete di casa nostra, //c.235r.// la quale da questa banda può havere tanto disturbo quanto ella sa meglio di me, et risolvasi di non differire qualche provisione, perché nessuna spesa et di parole, et di fatti fu mai più utile di questa, se ben sia bilanciato quel che le si può mettere all’incontro di commodità.
Al Rusticuccio farò vedere quanto la mi scriva sopra suo nipote et veramente merita da noi ogni amorevolezza, tale si mostra in tutte le cose nostre. Delle case scriverò all’Ammannato, come ella mi ordina, quando harò fatto vedere il bisogno, et aspettarò la sua resolutione, che so bene non potrà essere se non amorevolissima. Dell’altre cose che girano si ragiona fra noi ogn’hora, né dopo l’ultime mie è innovato altro se non che Sua Santità si risolve d’udire questi consiglieri cesarei privatamente, ma in presentia di alcun numero di cardinali purché s’oblighino di dare poi in scritto la commission loro et aspettare la risposta, che così ha detto all’ambasciatore cattolico quando s’è intromesso come mezano amicabile a persuaderla con mostrarli che siano per parlare modestissimamente. Et questo doverà essere un giorno della prossima settimana. Intanto et sempre s’harà buona cura che né con la persona dell’ambasciatore, né in torno allo Stato di Firenze si passi a termini pregiudiziali, come la ricorda, et di già habbiamo ragionato come si debba procedere per assicurarsene, come egli //c.235v.// le dovrà scrivere.
Il Mannello è tornato da Madama, con la quale quello che habbia negotiato non si sa ancora, ma spero intenderlo et ne darò conto a Vostra Altezza. La quale se pur harà animo di chiarirsi meglio dalle sue lettere istesse di questo et di tutte l’altre pratiche sue, si potrà facilmente sapere per qual mano egli le mandi et havere commodità di vederle. Intorno a che le piaccia anco scrivere quanto le paia che debba estendersi la mia curiosità di qua et se sia meglio, occorrendo, far costà questa diligenza, dalla quale si potria forse trovar cosa da non dispiacere.
Mando alcuni avvisi di Venetia i quali, non sendo communi della gazzetta et da tal mano che Sua Santità gl’ha stimati assai, ho giudicato che a Vostra Altezza non siano venuti et che le saranno cari, et con questo fine la bacio la mano, pregandole continua prosperità.
Di Roma li xx d’aprile mdlxx.