Il cardinale Ferdinando al principe Francesco [1]
Roma, 11 maggio 1570
Med. 5085, [già num. 129], c. 259r-v.
Prima che altro si movesse nel particolar del Mannello parvemi a proposito sapere due cose: l’una era se egli haveva lettere della regina o trattava qua per lei, et se l’ambasciatore, in evento di detentione, fusse per fare risentimento. L’altra se prima si fusse potuto intrapendere (sic!) altro di nuovo con questo ultimo ordinario, et in quali pieghi andassero le lettere per avvisare di tutto Vostra Eccellenza a finché la potesse riscontrare di costà se ne venivano date parole da costoro o pur camminavano da buono. Vengo assicurato che non è trattenuto qua dalla regina, ma che ella all’ambasciatore scrivendo per lui dice che egli è per suoi negoti et che esso ambasciatore senza espressa commessione di Sua Maestà non moveria parola, di maniera che cessa questo respetto et si fa così tanto più impertinente il suo motivo. Trovo in oltre che nel piego d’esso ambasciatore andò la sua lettera, della quale mandai copia, et che con questo corriere per quella mano non ha scritto, né per altra tampoco che essi sappino.
Con questa notitia, havendo lassato passare quest’altri giorni pieni di occupationi per Nostro Signore, andarò domane all’audienza preparato per farle vedere quanto passa et per tirare la cosa a quel segno che Sua Altezza et Vostra Eccellenza desiderano. Et se potrà il Camaiano commodamente per la sua indispositione esser con me a questo offitio, io mi varrò dell’opera sua volentieri, sì come per ciò fra tanto gl’ho communicato il tutto; //c. 259v.// se non lo trattarò per me stesso et non sarà forse con manco profitto, sì per essere il caso di qualità tanto abominevole al genio di Sua Beatitudine, sì per che così con manco arte potrà parerle rappresentato solamente con zelo della quiete publica, non per altra passione, et più forza havranno l’esaggerationi mie a escitare l’ira di Sua Beatitudine. Con le prime poi gli darò avviso del successo.
La risposta per l’imperatore è ferma et di qua havendola vista et trovata d’una maniera honoratissima non solo per la Sede apostolica, ma per Sua Altezza et per la casa nostra, non è parso al Camaiano ch’io debba fare altra diligenza d’havere la copia per mandarla et havere risposta di costà prima che si dia fuore; si distende tuttavia, et se ne manderà poi copia in Spagna, in Francia, et costì a Sua Altezza, la quale vedrà molto bene quanto gli n’ho detto.
Non si viene a specificare annullattioni delli atti di Cesarea, sendo parso a Sua Santità che questo saria un contendere in temerità, ma ben nella dolceza della risposta è mescolato tanto che in virtù importa il medesimo et di essi doverà rendere assai pentita Sua Maestà Cesarea. Con che in buona gratia di Vostra Eccellenza di buon core mi raccomando.
Di Roma li xi di maggio mdlxx.
a Segue non espunto.