Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 19 maggio 1570
Med. 5085, [già num. 140], cc. 281r-282v.
Tardi arrivò la lettera di Vostra Altezza per fare offitio con qualche speranza a favore del Camaiano o d’altri. Se tanto innanzi mi fusse venuto a notitia la volontà sua quanto tempo ricercava il modo prescrittomi nella esecutione, io mi sarei sforzato con la scorta della sua autorità et con destreza convertire in gratia effettuale quella quasia esclusione, che Sua Santità dovette darne qua a Vostra Altezza secondo che ella ha detto a Pacecco, al quale pare pure che ella habbia mostrato volontà di honorarlo di questo grado et beneficiarlo fra tanto per via della preteria, sì che ad altra occasione non l’habbia a impedir questo scrupolo, il quale non so se si possa più tosto dire pretesto di non accrescere gli sdegni conceputi per il negotio nostro trattato da lui, che >è< causa ragionevole di non aggregarlo al numero di questa promotione, nella quale, non havendo saputo quel ch’io potessi procurar per inclusione a favor nostro, non ho già dubitato di ovviare a quel che manifestamente vedevo mirare a effetto contrario, come era la promotione di Macerata et di Ceneda, tutte due desiderati da Farnese //c.281v.// a pari di suo parente proprio et procurati da lui per diverse vie talmente che erano al palio, come hebbi a intendere da Sua Santità istessa, con la quale (havendo molto prima per buona via dato la stretta a quello) parlai martedì prossimo passato sì che si contentò d’assicurarmi che non promoveria Ceneda, come, disse, facilmente era per fare, se non vi si fusse interposto questo respetto ancor nostro per mio avvertimento. Hor poi che il negotio è passato in questa maniera, resta a pensare di dar qualche sodisfattione al Camaiano, sì che il mondo (che lo stima caduto di qua) non giudichi che noi altri lo abandoniamo su questo vano romore et ardisca di batterlo più acerbamente con suo danno et in poco honore et servitio nostro. Questo tutto si spera et debbe venire dalla mano di Vostra Altezza la quale, se scrivesse una buona lettera a Sua Santità con mostrarle d’essersi allegrata et restare sodisfatta di questa promotione et la pregasse che, tenendo messer Nofri per servitore di quella fede medesima che ha trovata in lui sempre, volesse seguitare di proteggerlo et con qualche principio di protonotariato o d’altro //c.282r.// andarlo incaminando et preparando a quelli honori che gl’havea destinati nella sua benigna intentione, crederei fusse molto a proposito per ogni respetto et de sua esaltazione, et di servitio delle cose nostre, alle quali non saria veramente molto utile ch’egli se ne vivesse più ritirato, come forse farebbe non invitato da qualche amorevolezza et speranza. Un tale offitio potria anco Vostra Altezza far con Alessandrino quando habbia prima sodisfatto al complimento generale che debbe fare seco in congratulatione dello acquisto suo per questa promotione. Questi sono i favori che desidera non apparenti al mondo, il quale, desiderando anco che veda non disprezarsi da lei la sua servitù (come anco non ha mancato chi habbia voluto andare spargendo), metteva in consideratione se le fusse parso di usarli qualche mercede o nella persona sua, o in quella di suo figliolo; la quale, se fusse stata qua, gli pareria tanto maggiore quanto più saria su gl’occhi delli emuli suoi et de maligni, et volentieri //c.282v.// mostra che l’accrescerebbe et ingrassarebbe del suo, pur che passasse sotto nome di Vostra Altezza, accennando che ciò saria con aiutarlo nella compra d’un segretariato o (che meno assai importa) un protonotariato de partecipanti o simile altro offitio. In che io non ho recusato di farmi interprete dell’animo suo, havendolo conosciuto tanto zelante del servitio nostro, ch’io giudichi molto ben fatto il sostentarlo et mantenerli et accrescerli reputatione in questa corte per esempio degl’altri et per la qualità de tempi etc. Però glielo raccomando et la prego pigli tutto per bene, deliberando poi quanto le piace et tenga pure per fermo che il primo suddetto offitio delle lettere non sia se non necessario. Delle altre cose, scrivendo in risposta al Signor Principe, mi rapporto alla sua lettera, et in buona gratia di Vostra Altezza con questo fine mi raccomando.
Di Roma li 19 di maggio 1570.
a Quasi ms. interl. sup.