Piero Usimbardi a Bartolomeo Concini [1]
Roma, 22 maggio 1571
Med. 5085, [già num. 209], c. 440r-v.
Molto magnifico Signor mio osservandissimo,
il cardinale m’ha comandato ch’io dica a Vostra Signoria la ricevuta della sua et la ringratii del buon animo che a me costà et poi con essa ha mostrato verso le cose sue et che, havendo da scriverle per altro, le risponderà in tanto con le prime occasioni, se ben non richiedono più.
Giunsi domenica assai per tempo et trovai il cardinale di tanto buon essere che potetti sentirne grandissimo piacere. Hebbi assai fresco per la strada et qui lo sento fin’hora maggiore che costà, talché pare tornato il principio d’aprile su la fine di maggio. È venuto il vescovo di Massa et il cardinale s’è riposto subito a fare qualche cosa con animo di continuar con maggior diligenza. Piaccia a Dio che segua, perché a questo signore veramente altro non manca et a questo è molto aiutato dall’ingegno et dalla memoria buonissima.
Trovo molta alteratione per certe lettere scritte al Rusticuccio et al Tommasi, dicono costoro dal cavaliere Saracino, fermate dal Signor Principea, non sapendo //c.440v.// essi forse che li nostri padroni non passono le cose sotto le banche. Ho detto quel che m’è occorso in questo negotio, perché so come habbia girato fin dal principio et m’adoprarò per accomodarb le parti, come si contenta il cardinale nostro se, per opera di chi ha fatto il resto et per le gare, non succeda qualche altra cosa di dura digestione, cercandosi di qua di mettere prigione messer Pirro et da lui ancora non s’intermettendo nuove diligenze. Il che ho voluto dir a Vostra Signoria per sua notitia, et con questo fine le bacio la mano et le prego continua prosperità.
Di Roma li 22 di maggio 1571.
Di vostra Signoria molto magnifica affetionatissimo servitore Piero Usimbardi.
a Segue q barrato.
b Accomodarli, -li barrato.