Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 4 giugno 1571
Med. 5085, [già num. 219], cc. 460r-461v.
Come ho detto a Vostra Altezza con l’altra mia alligata, sono stato hoggi da Sua Santità la quale trovai assai alterata. Et volendo io chiamare il Camaiano, quando l’hebbi detto succintamente le cagioni dell’andata mia, non volse dicendo volermi prima conferir alcune cose, le quali mi proibiva ch’io dicessi a lui, o ad alcun’altro. Et furono queste. Che l’ambasciatore cattolico questi dì passati sendo con lei le disse d’haver a passar seco alcun negotio in nome del re che, per essere un poco fastidioso, lo serbarebbe ad altra occasione. Essere poi tornato da lei et dettoli havere ordine da Sua Maestà di farle un protesto per queste cose del titolo di Vostra Altezzaa (accennando, domandato da lei, per le cose di Siena) et che, non volendo entrare in novelle, come gl’imperiali, lo faria publico, o secreto come più a lei piacesse, havendo fatto Sua Maestàb veder bene la bolla et conosciuto che con effetto ella pregiudica alle ragioni sue in quello Stato. Il papa risentitamente rispose che il re mostrava (se haveva intesa primac la conclusione della Lega) tenere poca voglia che la continuasse et facesse effetto buono, poi che non sì tosto era seguita et haveva da Sua Santità ottenute molte gratie, //c.460v.// che andava a camino di guastare ogni cosa. Non essere mai stata questa la sua intentione, come mostrava la bolla, la quale veramente né a lui, né ad altri faceva pregiuditio, come conoscerebbe Sua Maestà sentendo homini integri et lontani dalle passioni; né meritar il gran duca che ella andasse detraendo a suoi honori, sendole tanto vero servitore quanto haveva conosciuto Sua Santità particolarmented dal vederselo continuo persuasore della convenientia fra sé et la Maestà sua, la quale non doveva andar tanto dietro alle passioni d’altri, che più non considerasse al servitio suo, et giudicasse che fra li Stati suoi d’Italia è quello della Chiesa in mezzo et quelli del gran duca, da quali, lassando ella la Lega, come mostra, le potriae venir più danno che non crede, non sendo il granduca per lassarsi offendere senza mostrar i denti gagliardamente et non potendo Sua Santità lassare d’essere con lui, massimamente per causa tale che toccava anco a lei, et la sforzava a mettervisi con ogni sforzof. «Dunque» disse l’ambasciatore «il duca vorrà competer con il re». «No», disse Sua Santità, «anzi gl’è et vuol esser servitore come noi ben sappiamo; ma vorrà sempre difender il suo, né ci //c.461r.// mancaria chi fusse con noi et ci fomentasseg. Hor andate dunque et fate la protesta publica, o secreta, o in consistorio, o come vi piace, che per tutto vi risponderemo et d’una maniera che pesarà al re d’haverci mai pensato, et udito questi consigli de ministri suoi». L’ambasciatore, udendo questa alteratione, disse «Padre Santo, potria Vostra Beatitudine scriverne a Firenze et intendere la mente del duca»; a cui ella rispose che le cose di questa Santa sede le faceva da sé et non le consigliava con altri; et che volendole consultare, il consiglio suo era a Roma. Ma che scrivesse lui al re, il quale voleva credere che saria d’altra opinione hor che la Lega era conclusa, non potendo imaginarsi che habbia voluto ingannarla col far prima i fatti suoi seco et poi scoprirli questo capriccio; o così poco stimi quel che tanto gl’è utile, quanto questa Lega, la quale ella lassaria andare da parte, né mandaria più legati, se seco si usassero questi termini. L’ambasciatore disse che venerdì prossimo tornarebbe per la risposta //c.461v.// et ella disse che gli daria sempre la medesima. Con queste parole animose et prudenti rispose Sua Santità et, sebene mi proibì di dirlo a chi si fusse, o pur voluto scriverlo a Vostra Altezza con corriere espresso acciò sappia tutto et di qui a venerdì possa far, se vorràh, offitio alcuno, nominandomi o no, come le piace, perché haverne dato conto a lei non crederò d’essere imputato mai. Prima ch’io entrassi dal papa, dissemi il maestro di camera che ci erono stravaganze intorno alle cose nostre et che me le dirrà lui, s’io non le sentivo prima dal papa. All’uscir, dissimulando io in un certo modo da invitarlo, mi disse tutto il medesimo che havevo havuto da Sua Santità. Che è per fine, col quale mi raccomando nella buona gratia di Vostra Altezza.
Di Roma li 4 di giugno 1571.
a Segue et che barrato.
b Sua Maestà interl. sup
c Prima interl. sup.
d Particolarmente marg. sinist.
e Segue p barrato.
f Con ogni sforzo interl. sup. su lo stato suo espunto.
g Et ci fomentasse interl. sup. corr. su espunzione.
h Segue per barrato.