Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 26 giugno 1571
Med. 5085, [già num. 235], c. 500r-v.
Hiermattina dopo la cappella detti la lettera di Vostra Altezza a Sua Santità, accompagnandola di quelle parole che la mi ordina. Et perché ciò fu avanti che la salisse alle sue camere, dove non potevo per allhora haver commodità, non riportai altro in risposta se non che la vedrebbe. Domani sarò da lei con altra occasione et se per se stessa non caderà in questo proposito, io la andarò stuzicando et non sarà forse stato male che ella habbia havuto questo tempo da masticar il negotio. Al vescovo Salviati mostrai la copia, della quale seguirò quel che Vostra Altezza commanda.
Il cardinale di Cesi parlò a Nostro Signore sopra il negotio ecc., con molta prudenza et amorevolezza, per quel che io conobbi hiermattina nella relatione che egli fece del ritratto a Pacecco et a me. La sustanza della quale è che Sua Santità si contenta che Vostra Altezza tratti di pigliare il titolo da Cesare, come sì è proposto, ma non vuol che suoi ministri se n’impaccino, né che si faccia mai mentione di suoi consensi o participatione, parendoli così convenire alla dignità sua, come ella vedrà dalla lettera di Cesi più largamente, la quale non viene hora perché //c.500v.// vuol prima mostrarla a Sua Santità. Intanto potrà Vostra Altezza risponder a Pacecco sopra quel che le scrive circa il modo et luogo di negotiare.
Nel negotio di Palo seguirò il consiglio di Vostra Altezza non volendo io da esso discordar mai né in questo, né in altro affare. Alessandrino partì questa notte et, portando ordine di communicar con Vostra Altezza, io non le darò altro conto di quel poco che ha passato con me. Et non occorrendomi altro, resto humilmente raccomandandomi nella sua buona gratia.
Di Roma li 26 di giugno 1571.