Il cardinal Ferdinando a Bartolomeo Concini [1]
Roma, 6 luglio 1571
Med. 5085, [già num. 246], cc. 520r-521r.
Magnifico messer Bartolomeo amatissimo,
Pacecco mostra tanta ansietà delle cose che vanno attorno che non mi pare si possa fare di lui se non buon giuditio. Tuttavia, come egli proceda con l’ambasciatore catolico io non lo so. Parmi bene che havendoli voi di costà posto in mano la pratica dell’accordo, bisogni governarsi molto destramente, sendo per farli ombra ogni minimo inditio di ritirata. Pur sarà di ciò assai buon pretesto, se si potrà trattare per mano di Morone, di che io non so che mi dire, vedendo da ogni banda cose fastidiose; poi che l’ambasciatore, mostrandosi diffidenza con lui, interponerà ogni impedimento et, conferendogli o praticando per sua mano, non possiamo di persona così mal sodisfatta prometterci sincero negotio. Al signor Mario Sforza ho indirizzato mie lettere da complir con esse in mio nome con quelli principi et credo pur che arrivaranno in tempo per questo ordinario. Intanto ho visto con molto piacere quel che scrive il conte Clemente delle accoglienze ricevute et, se ben sono grate et amorevoli, non di meno, sonando gli effetti altrimenti, mi par da non sprezzare la lingua, ma da tener più cura alle mani, dalle quali par che vengano i segni dell’animo più certi. //c.520v.// Di messer Rinato ho inteso con piacere più charo l’animo di loro Altezze. Et nelle cose del cavaliere Saracini et de suoi dove io potrò interponermi con servitio loro, lo farò volentieri, bastandomi havere inteso quel che vi è occorso dirmi nel particolare del benefitio di Radicondoli. Ho havuto la risposta di Sua Altezza a don Garzia et me ne servirò come voi ricordate. Della memoria che tenete del signor Horatio dal Monte per le speditioni che possino occorrere vi ringratio et harò molto caro vi ricordiate ancora, nel fermarsi le cose sue, di quel che altra volta vi scrissi più particolarmente per commodo et sodisfattione di lui circa la provisione et altri segni d’honore. Che è quanto m’occorre, et mi vi offero di core.
Di Roma li vi di luglio 1571.
[Post scritto] Qua si è fatto un bel cicalare di cento piatti d’argento che Alessandrino ha preso in presto, o con questo nome, da Ferrara, Farnese, et altri, et pure stamani ne ragionavammo con dispiacere tale Pacecco, Cesi et io, che haremmo desiderato che costì destramente gli fusse persuaso il rimandarli et glieli prestassero loro Altezze. Volevo che uno di loro ne scrivesse al meno a voi, ma //c.521r.// havendo recusato questo carico et mostrato convenirsi più a me, io ve l’ho voluto dire per notitia di loro Altezze et vostra, soggiugnendo che, come questa cosa non sa di buono con la corte, così forse poco è per piacer al papa, se già qui ancora non è artifitio et mistero. Che è quanto m’occorre di più.
Vostro Ferdinando cardinal de Medici.