Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 7 luglio 1571
Med. 5085, [già num. 247], cc. 522r-523v.
Havendomi mostrato Vostra Altezza di desiderar che Morone sappia quanto prima di potersi ingerire nel negotio communicatogli, mi sono resoluto di mandare con corriere espresso la lettera che Cesi gliene scrive nella sustanza ch’io dissi per le lettere mie con l’ordinario di Genova assai largamente. Potrà ella mandarla et, negotiando di costà, ricordarsi come sia espediente di governarsi con questo ambasciatore cesareo acciò egli, vedendosi ributtato nella pratica, non giudichi essergli lecito seguitare nelle sue buone opere o, sendovi admes[so] solo per partecipatione di Morone, si stimi disobligato d’adoprarvisi come in pratica sua, a che potria forsi provedersi con trattenerlo et conferirli per via di Pacecco il tutto et mostrare di volere l’aiuto suo, poiché da Morone sarà ragguagliato et ricercato del medesimo, onde ne nascereb[be] un altro bene; che Pacecco (il quale non approva questo modo preso et dubita non l’ambasciatore si tenga aggravato da lui non gli tornando a dire altro di questo che pur vaa attorno) ci harebbe più sodisfattione che forse non //c.522v.// ci ha, sebene tutto dissimula et (mostrandogli io essersi presa l’altra via per non stare sotto alla mano disamorevole di costui) mostra havere tutto per bene. Questo ho voluto dirle per pagare me stesso, non perch’io stimi che la non habbia previsto et pensato a ogni cosa.
Fui con Sua Santità stamane et, fatto con l’occasione di alcune cose cadere ragionamento che mi desse occasione di ricordar quella lettera senza nota dib importunità o curiosità, ella mi disse non haver risposto perché l’occupationi non l’havevano permesso di potervic scriver di suo pugno, come ella voleva fare sempre alle lettere di Vostra Altezza, non communicandole con alcuno. Queste parole mi parve che mi dessero subito occasione di penetrare meglio come io dovessi procedere col Rusticuccio, ond’io dissi a Sua Santità che haria potuto fare rispondere da lui sendo sempre per sodisfarsi Vostra Altezza d’intendere la mente sua per qualunche via. Replicò che le lettere di Vostra Altezza non vanno in altra mano che nella sua propria, né ad altri viene conferito quel che la scrive, passando a dir che ha sempre conosciuti li //c.523r.// consigli di Vostra Altezza prudenti et tutti volti all’honor et servitio di Sua Santità et che però gl’esequirebbe. Il che per diverse parole replicò poi, dicendo che farebbe quanto ella gli scriveva et risponderebbe, non importando rispondered a quelle cose otto dì prima o poi, et che a franzesi farebbe volentieri sempre ogni gratia et piacere che potesse tuta conscientia, ma altrimenti no, perché sapeva che a essi ancora dispiacerebbe poi d’haver ottenute le gratie mal fatte; non volere essere franzese, né spagnolo, ma stare ben con tutti. Il che io dissi essere molto ben pensato, convenendo a Sua Santità di mostrarsi padre commune, dove a far altrimenti non fusse forzato, et che questo sapevo io essere particolar desiderio di Vostra Altezza, la quale per ciò persuaderebbe sempre di fare piacere anco a franzesi, potendo questo guadagnarglieli sì che ne potesse disponer in tutte le occasioni nel qual proposito passorono hinc inde molte parole, nelle quali anco le piacque aggradire il dir mio. Può, per mio parere, giudicar Vostra Altezzae d’havere assai buono inditio del frutto della sua lettera // c. 523v. // et aspettarlo buono poiché Sua Santità dice voler esequire et fare secondo lo scrivere di lei, alla quale voglio anco fare sapere che, havendo communicato il tutto con Salviati, egli n’ha havuto molto piacere per suo contento et per servitio di Vostra Altezza, non dubitando che non debba succedere quel che par che sif mostri assai chiaro. Che è quanto mi occorre, et con tutto l’animo me le raccomando in gratia et gli prego lunga et felice vita. Di Roma li vii di luglio 1571.
a Vada, -da barrato.
b Nota di interl. sup.
c Vi interl. sup.
d Risponder interl. sup.
e Vostra Altezza interl. sup.
f Si interl. sup.