Il cardinal Ferdinando a Bartolomeo Concini [1]
Roma, 13 dicembre 1571
Med. 5085, [già num. 280], cc. 611r-612v.
Molto magnifico messer Bartolomeo,
la vostra de’ vii m’ha mostrato quasi superfluo quel ch'io vi scrissi con una mia precedente intorno alle masseritie della casa del Ridolfi, poiché per voi stesso havevi supplito a quanto sapevi desiderarsi da me. Ond'io vi ringratio del fatto et del ragguaglio et andarò accomodando questo negotio con più sodisfattione che si potrà d'ambe le parti, quando harò risposta da voi del resto che vi scrissi. Quel che sin alla partita mia di Fiorenza fusse passato nella pratica del Camarlingato, voi lo sapete, havendone havuto pieno conto da me per notitia di loro Altezze et vostra. Quel che di poi è successo è che Montepulciano, trattando con Sua Santità del modo di far denari, propose che del Camarlingato si caveria tanta più somma di quella che l’haveva pagato Cornaro, che si poteva ripigliarlo da lui con restitutione del suo sborso et di 3 mila scudi di più et trarne poi anco notabile commodo. Così per ordine di Sua Beatitudine, havendo scritto in questa materia quel che li occorse a Cornaro, mostrandoli assai meglio //c.611v.// esser per lui il pigliarsi li suoi denari con questo vantaggio che ritenere l’offitio con mala gratia del papa, egli ha scritto a Sua Santità che è contentissimo di cedergliene et farne quanto piaccia a lei. La lettera è in mano di Rusticuccio, il quale promette di fare quel che potrà per disporre il negotio in favor mio. Ma perché egli è tiepidetto et non so se bastarà, ho pensato di metterci Cesi ancora per un’altra via consultata seco, et sarà questa: che il granduca mio signore scriva una lettera a Sua Santità dove mostri che, havendo Sua Altezza resoluto che io viva in questa corte al servitio et devotione della Sede apostolica et di Sua Santità particolarmente, nessuna cosa ella più desideri che vedermi impiegato in cosa che con qualche honore et autorità mi levi dall’otio, mi eserciti, et insieme mi congiunga con più stretto pegno a questo servitito. Che perciò ella si lassaria andare a fare ogni spesa che bisognasse et quella del Camarlingato se occorresse che Sua Santità havesse a disporne di nuovo //c.612r.// et che se in questa le dessero noia quelle facultà dell'offitio, con la consideratione delle quali par che altra volta i maligni habbiano cercato di levare la mira di Sua Santità dalla persona miaa, tacendo i commodi che maggiori da me che da qualsivoglia altro potria cavar in ogni bisogno questa Sede, essa potria molto ben limitarle in quel modo che le paresse, desiderandosi tutto per honore et servitio di Sua Santità et non per altra mira, come bene potria giudicar lei dalle attioni passate di Sua Altezza et come le dirà il cardinale di Cesi in nome di lei. Con questa lettera conoscerà il papa che è con partecipatione di lor Altezze tutto quel che si tratti et si darà occasione a Cesi di poter far ogni sforzo di persuaderlo, con proponer de modi tolerabili per l'un et per l'altra parte senza stroppio dell'offitio, il quale egli sommamente desidera che venga in mano mia, o se ne caverà tal resolutione che io non harò più da pensarvi. Che o l'un o l'altro desidero et convien hora //c.612v.// chiarirlo che habbiamo una commodità procurata et condotta a nostro modo. A Cesi non accaderà scrivere altro perché sa egli quel che ha da fare. Al granduca n'ho accennato così generalmente rimettendomi nel resto a voi, il quale harò caro che di tutto facciate consapevole l'Altezza del Signor Principe perché, sebene so esser cosa desiderata da lui, non ho però senza partecipatione sua a farvi alcun progresso. Et Nostro Signore Dio vi conservi.
Di Roma, li 13 di dicembre 1571.
Vostro Ferdinando cardinal de Medici.
[Post scritto] Questo negotio del Camarlingato camina secretamente sin qui et questo è necessario se non vogliamo guastarci da noi. Ho voluto dirvelo acciò facciate avvertire di costà ancora.
a Mia interl. sup.