Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 4 gennaio 1572
Med. 5087, n. 2 (cc. 5r-9r).
Madruccio seguitarà d’operarsi col signor Trausten et ordinarà di nuovo al suo agente che faccia il medesimo. Intanto con quella amorevoleza che mostra ogni dì maggiore nelle cose nostre, ricorda che ci saria buona occasione di guadagnare con l’imperatore et col re, perché è verisimile che l’accidente grave di Sua Maestà Cesarea stimoli grandemente il desiderio suo di fermar nella persona de figliuoli l’elettione di Re dei Romani et insieme accresca il timore dell’odio di quelli principi et dell’emulatione particolarmente di Sassonia, il quale s’intende preparato a farle gran concorrenza et disturbo, talché d’ogni aiuto che le venisse non potria se non haver molto obligo a chi gliene desse et lo procurasse. Il papa per fuggir lo scoglio pernitiosissimo di Sassonia et per levar ogni occasione di disunione in Germania (perché l’uno non meno dell’altra è contrario a’ suoi disegni) è credibile che sia per far ogni opera che l’elettione vada quieta et caschi ne figliuoli dell’imperatore. Ma per ancora non vi si pensa et chi con Sua Santità prevenga di muover questa consideratione, col mostrarle di quanto momento fusse nello stato presente delle cose se succedesse la morte //c.5v// dell’imperatore (come può far temer la qualità del suo male) senza successore, massimamente cattolico o della casa sua, et le persuadesse il cominciar qualche pratica col mandar homini espressi, se si giudicasse bisogno, in Spagna et anco in Germania, credesi che questi a Sua Santità mostrarebbe molto zelo del servitio publico et tanto all’imperatore come al re piaceria sommamente et daria segno di volontà inclinata non punto meno al particolar honor et servitio loro. Questo offitio et motivo parrebbe a Madruccio che potesse farlo Vostra Altezza con Sua Santità o con una buona lettera a lei stessa, o scrivendone a me una mostrabile da passarla seco; et non potria dirsi che la volesse dar consiglio dove non è richiesta, poiché quel che con tante ragioni si può mostrar che riguardi il benefitio publico, nessuno può esser imputato di ricordarlo et consigliarlo, et lei tanto meno che fa professione di servitore tanto devoto a Sua Santità.
Per via poi non affettata si faria penetrar tutto all’ambasciatore cesareo il quale non potria non darne conto all’imperatore et si servirebbe di questa occasione per far quelli buoni offitii che ha in animo. Si faria saper anco all’ambasciatore cattolico, //c.6r// il quale non potria tanto detraere, scrivendo, a questo offitio che Vostra Altezza non ne venisse sommamente lodata anco dal suo re; onde con l’un’ et con l’altro guadagnerebbe senza dubio tanto, che non potria se non molto facilitar le cose sue. Potrà pensarvi et risolversi con la sua prudenza et soprattutto darmi ordine di ringratiar Madruccio, col quale il medesimo sente Pacecco ancora, come m’ha detto ragionandone io con lui, il qual crede che il papa non sia per mancar d’esortar per più respetti il Re Cattolico ad abbracciar la protettione di Cesare in questa elettione con ogni studio.
Il cardinale di Coreggio quartanario è stato a trovarmi et m’ha communicato largamente le pratiche della Mirandola in che termine si trovino, a quel che venga stretta quella signora sua nipote dai franzesi, et di quel che tema da loro et da altri. L’instanza de franzesi la vedrà Vostra Altezza dalle copie incluse datemi da lui per mandargliele. Il timor suo è non il duca di Ferrara cavi qualche investitura dall’imperatore su le ragioni che s’ha fatto cedere da quelli signori scacciati; et in tanto et poi procuri anco d’haver il resto dal Re //c.6v// Christianissimo, con l’offerta di cassar certo credito suo di 800.000 scudi con quella corona. Il che debbe ritener quella signora da lassar poner la guardia anco nel castello se ben altro non è che un palazotto forte dentro alla terra. In questo dubio quella signora chiede parere et aiuto al cardinale sudetto et Sua Signoria Illustrissima mi prega ch’io le sia mezo per l’un et per l’altro con Vostra Altezza perché col consiglio di lei vorria darle risposta; et l’aiuto desideraria che ella gli desse, con quel mezo che le paia, persuadendo al Re Christianissimo che non voglia, con alterare in modo alcuno le cose della Mirandola, esser occasione di tumulto in Italia et di danno a quelli suoi servitori, ma contentarsi di tener protettione di loro et di quella signora spetialmente poi che sa d’haverla a sua devotione. Io strettoa dal detto cardinale non ho potuto negarli di far questo offitio con Vostra Altezza et li renderò quella risposta che mi sarà ordinata da lei.
Fino a hora non s’è giudicato tempo di destar il negotio del breve sì per altro, sì per diligenza che s’è fatta di trovar una cosa simile fatta da Paolo III nel passar, credo, per Modona. Ma habbiasi questa, o no, si farà quanto //c.7r// prima con buona occasione. Sirleto fece già un raccolto di molte bolle et memorie antiche per mostrar l’autorità del papa nell’honorare i principi et me n’ha promesso copia, la quale harà copiosamente esempli per ogni caso. La farò autenticare et manderolla a Vostra Altezza poi che vedo andar più in lungo di quel che la desidera l’haver simil cose per altra via. Ho caro d’haver sodisfatto a Vostra Altezza in queste contese fra franzesi et spagnoli et, come ho scritto al Signor Principe, non dissi al Commendator maggiore quel che passava per non far peggio, sapendo ch’a male si sariano serviti di quel segno di confidenza, che havessero inteso mostrarsi dai franzesi nell’opera mia, ma in altra occasione m’accostarò più a quel che vedo desiderarsi da lei.
L’arcivescovo de Massimi è buon gentilhomo et virtuoso, ma non forse tale nel concetto di Sua Santità che ello lo mandasse per nuntio; massime che per la sua corpulentia egli è pochissimo atto a’ viaggi. Gl’ho fatto dar la lettera di Vostra Altezza et se mi parlerà, trattarò seco in modo che egli habbia //c.7v// a restar sodisfatto dell’opera mia, senza gravar Vostra Altezza a scrivere a Sua Santità.
Cesi parve che aspettasse diversa risposta nel particolare del signor Lelio, ma io lo feci capace sì che restò sodisfatto anco di quella.
Ho detto a Agostino Doria che mi dia buona informatione del servitio dello Spinola et che nel render la lettera a Sua Santità mi adoprarò con lei, et poi anco dovunche bisogni con quella maniera che io vedo desiderarsi da Vostra Altezza per sodisfar al signor Giovandrea et all’abbate di Negro, et così farò. A Sua Santità mostrarò anco la copia di Milano, che mi servirà a ricordarle et confermarle che non senza fondamento è quel che io le dissi di costoro.
Trovai poi finalmente Morone, et volsi intender se Sua Santità con quelli scrupoli che egli mostrava nella sua lettera havesse accennato d’inclinare altrove. Risposemi d’haverla trovata benissimo volta et molto desiderosa dell’effetto, ma non haverlo scritto così largamente, per una sua usanza di scriver assai reservato, et più tosto estenuando, che amplificando //c.8r// le cose, ma che non dubita che Sua Santità aiutarà. Disse ben non credere che per quest’anno si sia per far altro motivo da quella banda di Germania. perché la peste è grave, l’indispositione di Cesare impedisce et ritarda et non si può deliberar sin alle diete, che vanno all’aprile, né eseguire sin fatto la ricolta per la carestia di quel paese, talché, per due mesi che si potesse star in campagna, non sa se si vorrà far apparecchio di grandissima spesa con debolissima speranza. Et che egli però giudica che l’imperatore non entri in Lega, né si dichiari per questo anno. Persuaso da Morone, communicai il negotio con Cesi, al quale piacque infinitamente et s’offerse, (contentandosi Vostra Altezza) di trattar egli col papa, promettendosi dover operar che Sua Santità abbraccierebbe la pratica gagliardamente et lassarla persuasa che non potria farsi resolutione di maggior servitio che questa. Onde trovandosi malato Morone sì che non può andare a palazo, ho resoluto con Pacecco di condurre Cesi da esso //c.8v// Morone; il che seguirà domattina, sendo hoggi Cesi stato occupato, et converremo che su la risposta di Vostra Altezza egli in nome di Morone et come da sé tratti con Sua Santità et lo farà al sicuro con efficacia maggiore sendo egli più caldo et più efficace, et amorevole nostro a par d’ogn’altro.
Il medesimo Cesi ha parlato con Sua Santità in credenza della lettera di Vostra Altezza sopra il Camarlingato et ella ha mostrato buona volontà, ma non resolutione di levarlo a Cornaro per hora, et stringendola egli a prometter di trattar con me quando occorrerà disporne, non ha voluto obligarsi, ma ben detto amorevolmente che allhora gli si ricordi et mostrato che sentirà volentieri, né in tutto il ragionamento ha mai Sua Santità fatto alcuna di quelle oppositioni di gelosiab, che soleva alla persona mia, talché restiamo in speranza. Il che fa che si giudichi bene operar che Montepulciano muova pratica con Cornaro di vendermi l’offitio, non parendo da dubitar che Sua Santità non sia per consentirlo, sendovi massimamente qualche utile suo ancora. Intanto scuopre Cesi, che //c.9r// Rusticuccio, di cui confidavo in questo, ha fatto offitii interamente contrarii, non ostante molte buone parole datemi. Il che non importa, perché ne lo che segue ci guardaremo da lui et a qualche tempo verrà occasione a me ancora di far qualche suo servitio Che è quanto mi occorre, et a Vostra Altezza baso la mano.
Di Roma li iiii di gennaro 1572.
[Post scritto] Lassavo di dir che Sua Santittà aperse a Cesi che Orsino le haveva chiesto il Camarlingato, ma che egli non ve l’haveva vista inclinata.
a Stretto ripetuto, il primo è poi cassato.