Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 31 gennaio 1572
Med. 5087, n. 12 (cc. 37r-38r).
Alle due lettere di Vostra Altezza de’ 22 et 24 vien risposto in buona parte con l’ultima mia de’ 25 al Signor Principe. Del sito per fabricar aspettarò la resolutione sua dopo l’haver udito l’Ammannato. Quel che mi restasse intorno alla copia di Milano, l’harà visto con l’altra mia.
Il cavaliere Doria resta bene spedito per opera et non senza fatica mia, havendo composto in 7.000 scudi quello che li varria 25.000.
Sabato prossimo (non havendo potuto in tutta questa settimana per le occupationi di Sua Santità) andarò all’audienza, nella quale parlarò del Gerio, presentarò la lettera della quale ella mi manda copia, et moverò il desiderio della regina madre circa il casamento per monsignor d’Angiou, con quelle aggiunte di parole et con quelli avvertimenti che la mi dà, ma senza rientrar nel negotio della dispensa, poiché ella me ne comandò perpetuo silentio et senza toccar al’altro di Paolo Pla sin a nuovo ordine di Vostra Altezza, havendo io scritto quanto passò incidentemente fra Sua Santità et me et quel che ritrassi dell’animo suo.
Torno a dire che del breve che Vostra Altezza afferma haver portato con sé Ferrara qua non si trova riscontro alcuno, se non che Sua Beatitudine lo negò, quando le fu chiesto. Et alla maraviglia che si mostra nella lettera sua che né l’ambasciatore, né il Camaiano, né io, habbiamo havuto odore alcuno //c.37v// dell’effetto, se ben bastarebbe dir che non si può odorar quel che non è, soggiungo però che, dolendomi io con l’ambasciatore che non le havessi dato conto di quel che s’era penetrato, et havevamo già conferito insieme, egli m’ha mostrato d’haver scritto et havuto risposta, come Vostra Altezza vedrà dalle sue copie qui alligate. Talché con questo et con quel che scrissi ancor io havermi detto l’ambasciatore cesareo intorno all’andata di Ferrara et alla licenza havutane di qua, parmi complito che non vi sia cagione della detta maraviglia et resti sodisfatto a quel che poteva farsi da noi altri. Ma forse non parve allhora la cosa di quella conseguenza che n’è successa poi, la quale hora veduta et insieme la volontà di Vostra Altezza, ho dato al Camaiano il decreto et communicatogli la lettera di Vostra Altezza acciò consideri tutto et si possa con più fondamento parlar a Sua Santità. Il che disegno che faccia lui, o con me o senza me, come più a lei piacerà, con la quale io le aprirò la strada al negotio et al desiderio di Vosrta Altezza et a lei ne scrivarò poi il ritratto. Della malignità del nuntio di Francia ho parlato con Rusticuccio, il quale nega d’haverli scritto che in alcun modo tenga in speranza della dispensa quelle Maestà et affermaa che, se lo fa, merita d’esser non solo deposto,b //c.38r// ma castigato, et che, verificandosi, vorrà egli medesimo procurarlo et sollecitarlo. Si ha dunque in mano la revocatione al meno, se vien chiarita questa partita; et io di ciò ho scritto a Alessandrino sì che molto giovarà a nostro proposito.
Che il papa sia resoluto di mandar hora in Spagna il maestro di camera, per quali cagioni, quando sia per partire, et quel che desideri per servitio di Vostra Altezza, lo scrive Pacecco con le alligate sue diffusamente sì che io stimo superfluo aggiugnere altro, salvo che visto la brevità del tempo per la partita, ho voluto spedir questo corriere con tal avviso, accioché ella possa far una piena et buona instruttione, come desidera, et (se vuol darli la noia di passare per costà, et anco levar questa apparenza) mandarmela in tempo che gli si possa dare. Et l’assicuro che egli le servirà bene, volendo essere nostro et con questo mezo passar innanzi, et odiando questi nostri avversarii, come suoi capitali inimici.
Che è quanto m’occorre, et con tutto il core le bacio la mano.
Di Roma li 31 di gennaro 1572.
a Afferma aggiunto in interlinea superiore.
b Deposto, in un primo tempo seguito da ma, espunto.