Il cardinal Ferdinando al principe Francesco [1]
Roma, 16 febbraio 1572
Med. 5087, n. 19 (cc. 56r-57r).
Dalla mia precedente scritta lunedì a Vostra Altezza col corriere di Lione harà ella inteso quanto io havessi passato con Nostro Signore sopra quei capi, che mi restavano da trattar. Il che fa che, se bene alcuni ella me ne ricorda con la sua de’ 12, non mi occorre però dirlene altro in risposta, se non che sempre si va pensando sopra il remedio contra li artifitii ferraresi, et che il cardinale Chiesa conserva la medesima buona volontà verso il servitio di Sua Santità et il nostro.
Il cardinale Santa Croce darà al governatore di Perugia l’ordine che Vostra Altezza ricorda. Et il Casale, come desidera di toccar Livorno così, mosso da me, ci persuade destramente et come di suo il Commendator et fin qui trova che egli non fuggirà quel porto, il quale io gl’offerirò anco di nuovo avanti la partita sua; che sarà più presto o più tardi, secondo che compariranno qua le galere, le quali solo lo ritengono, sendo egli spedito del tutto.
Scrive il Casale una sua lettera a Vostra Altezza la quale sarà con questa.
Del Generalato fu detto tanto da Morone con Nostro Signore che potette bastare per scoprir il desiderio di Vostra Altezza et il zelo loro verso il servitio publico. Di riparlarne //c.56v// poi per stringer et concludere, io ho havuto a rimettermi al parer di quelli che per ordine di Vostra Altezz havevano il negotio in mano. Con l’ambasciatore cesareo mi governarò secondo il ricordo di Vostra Altezza et si farà opera oportunamente per ritrarre chi siano stati i consiglieri della citatione, per farli penetrare alla notitia di Sua Santità come la desidera. Se le scritture che la mi ricorda nel fine della lettera sono quelle della precedenza, come mi mostra il proposito, io intendo che si sono mandate. Ma se fussero quelle ch’io promessi già in materia del titolo, le dico che, volendo Sirleto ridurle in forma d’un pieno trattato, che farà un buon libro, non potranno haversi prima che a Pasqua, ma saranno così belle notitie, che non le pesarà d’haverle aspettate. A instanza d’esso Sirleto io le raccomandai già un Bartolommeo Pierucci Lucchese, il quale fu preso nella montagna di Pistoia in compagnia d’un prete, come dice l’alligato memoriale. Il prete principale nell’imputatione par che sia liberato con leggier pena et questo pover’homo resta ancor prigione condennato in 300.000 scudi i quali non potrà mai pagare. E’ fratello d’un servitore accetto di Sirleto et, se le paresse farli al meno la medesima gratia che al prete, Sua Signoria Illustrissima n’harebbe molto piacere. Non scrive, cred’ io, //c.57r// perché altra volta non li fu risposto, ma ben lo desidera, et io per ciò ne prego Vostra Altezza.
L’opera che la fece in gratia mia a favor del vescovo Milanese ha profittato quel che la debbe saper et che vederà dalla lettera allegata, che mi scrive il Granduca nostro Signore, con la quale, poi che a me vien concessa la gratia, conviene che io ancora ne procuri l’effetto intero, massimamente che ai nipoti d’esso vescovo par che sia stato risposto costì in nome di lei che da me intenderebbono la resolutione di Vostre Altezze. Però io, ringratiandole prima di questo favore, prego Vostre Altezze a far il resto con la medesima amorevolezza, che le ne harò molto obligo. Il maestro di camera ha ordine di trattar in Spagna a nome di Nostro Signore sopra queste pratiche farnesiane et cercar di rompere il corso alle speranze che ha d’esser favorito da Sua Maestà al pontificato. Per questo effetto non poteva andar homo più atto, et io, acciò che egli possa meglio servir, li ho dato copia d’una scrittura del cardinalea de Grassi in questo proposito, che li sumministrarà concetti et ragioni molto quadranti. Ho voluto mandarne copia a lei ancora, persuadendomi che le piacerà, sendo molto ben tirata, et dirle questo ordine, sapendo che non le disgustarà punto. Et con questo fine le baso la mano.
Di Roma li xvi di febraro 1572.
a Del cardinale aggiunto in interlinea superiore.